venerdì 3 agosto 2012

LA DISTRIBUZIONE DELLE RISERVE DI CAPITALE SPETTA ALL'USUFRUTTUARIO di VICTOR DI MARIA


La distribuzione delle riserve di capitale spetta all’usufruttuario


L'articolo 981 del Codice Civile così recita: 
"Articolo 981. L’usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica.
Egli può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare (1998), fermi i limiti stabiliti in questo capo."
Il secondo comma prevede che l’usufruttuario possieda il diritto “di trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare”. 
Nella prevalente dottrina tale disposizione viene interpretata che l’usufrutto, salvo patto contrario, preclude al socio ogni utilità derivante dalla partecipazione che spetta all’usufruttuario. Difatti è questi che potrà incassare:

- gli eventuali dividendi;
- le riserve di capitale distribuite.

Analizzando il caso dalla prospettiva del socio e dell’usufruttuario, non conta l’origine di una riserva di una società, ma colui che possiede invece il diritto di beneficiare delle delibere della società. 
Pertanto, per le partecipazioni detenute in usufrutto, la destinazione a riserva dell’utile, a suo tempo deliberata, elimina qualsiasi posizione soggettiva specifica del socio e determina solo il valore della quota, e ciò vale a maggior ragione per le riserve di capitale che siano disponibili. 
Pertanto, eventuali distribuzioni di riserve di capitale spettano all’usufruttuario.

Unica eccezione a tale principio è rappresentata dall’esplicito disposto dell’art. 2352 comma 2 c.c., il quale prevede che, in caso di aumento di capitale a pagamento, il diritto di opzione sia attribuito al socio e allo stesso siano attribuite le azioni sottoscritte. In merito, occorre comunque ricordare che resta ferma l’autonomia negoziale che il Codice civile consente alle parti in sede di costituzione dell’usufrutto.

Con la costituzione del diritto di usufrutto, pertanto, è bene stabilire nel contratto, oltre alla consueta attribuzione del diritto di voto e del diritto agli utili, anche l’eventuale attribuzione delle riserve di capitale e degli altri diritti amministrativi. 
A norma dell’art. 2352 comma 6 c.c., infatti, gli altri diritti amministrativi spettano “disgiuntamente” (con tutte le difficoltà di gestione che ne potrebbero derivare) sia al socio sia all’usufruttuario, salvo non sia diversamente stabilito.

A questo punto emerge spontanea una riflessione: quale sarebbe l’impostazione da adottare in caso di rimborso di un finanziamento erogato dal socio che ha poi ceduto l’usufrutto della propria partecipazione. 
In tale circostanza, occorre distinguere tra i versamenti del socio:
- fatti a fondo perduto o in conto capitale;
- erogati a titolo di mutuo.

I versamenti in questione, a seconda dei casi, possono assumere la natura di veri e propri conferimenti a titolo di dotazioni patrimoniali oppure di finanziamenti a titolo di capitale di credito. 
I versamenti a fondo perduto o in conto capitale, secondo la dottrina, costituiscono vere e proprie riserve di capitale da collocare in bilancio all’interno del patrimonio netto. Pertanto, un’eventuale restituzione di tali apporti dovrebbe spettare all’usufruttuario alla luce del ragionamento sopra riportato.

Diversa è la fattispecie dei finanziamenti, a titolo infruttifero o oneroso, erogati dal socio alla società, che costituiscono debiti soggetti all’obbligo di restituzione
Essi, infatti, non rientrano tra i versamenti in conto capitale o a fondo perduto, ma costituiscono mutui ai sensi dell’art. 1815 c.c. e pertanto, in caso di rimborso, non dovrebbero rientrare tra le utilità connesse alla partecipazione posseduta e spettare al socio.

Sempre con riferimento alla distribuzione di una riserva di capitale, occorre infine considerare che resta applicabile la presunzione di cui all’art. 47 comma 1 del TUIR anche se il beneficiario è l’usufruttuario e non il socio.
Secondo la disposizione citata, “indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve diverse da quelle del comma 5 per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta”. 
Pertanto, anche se si delibera la distribuzione di riserve di capitale, si presume fiscalmente, senza possibilità di prova contraria, che s’intendono, prioritariamente e fino a capienza, distribuite le riserve di utili disponibili, le quali, quindi, concorrono a formare il reddito dell’usufruttuario sotto forma di dividendi.

La circ. Agenzia delle Entrate 16 giugno 2004 n. 26 ha chiarito che la presunzione in commento opera laddove esistano riserve di utili disponibili
Pertanto, si considerano escluse dalla presunzione:
- la riserva legale;
- la riserva acquisto azioni proprie;
- la riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto;
- la riserva da utili netti su cambi;
- la riserva da deroghe in casi eccezionali;
- la riserva delle società cooperative (art. 2545-ter c.c.);
- le riserve indisponibili derivanti dall’applicazione dei principi contabili internazionali;
- la riserva costituita prima della trasformazione progressiva con utili imputati ai soci per trasparenza.
Victor Di Maria

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