venerdì 14 novembre 2014

ARTIGIANI E COMMERCIANTI. Contributo minimale e acconto reddito eccedente: le prossime scadenze a cura di Victor Di Maria

14 Novembre 2014

L’Inps, con la circolare n. 19 del 4 febbraio, ha specificato che il reddito minimo annuo da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo è pari a 15.516 euro

Artigiani e commercianti dovranno versare, entro il 17 novembre 2014 (la scadenza ordinaria cade il 16 che è un festivo) la terza rata del contributo minimale. L’Inps, con la circolare n. 19 del 4 febbraio, ha specificato che il reddito minimo annuo da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo è pari a 15.516 euro.

Tale valore è stato ottenuto, come prevede l’articolo 1 della legge n. 233 del 2 agosto 1990, moltiplicando per 312 il minimale giornaliero di retribuzione da utilizzare per il calcolo dei contributi in favore degli operai dei settori artigianato e commercio in vigore al 1° gennaio 2014 (ovvero, 47,58 euro) ed aggiungendo al prodotto l’importo 671,39 euro.

Tale contributo andrà versato attraverso il modello unificato F24

Entro il primo dicembre 2014, inoltre, occorrerà versare i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale, a titolo di saldo 2013, primo acconto 2014 e secondo acconto 2014.
Dott. Victor Di Maria

PENSIONI D'ORO: Arriva la furbata......


A voler essere ingenui potremmo dire che dalla norma è stata cancellata erroneamente un comma che stabiliva un limita massimo per le cosiddette "Pensioni d'oro". Ma siccome l'ingenuità non è compatibile con l'argomento, bisogna allora dire che in maniera furbesca  e beffarda il legislatore ha cancellato il comma che istitutiva un limite massimo alle cosiddette pensioni d’oro, stabilendo l’impossibilità di percepire un assegno superiore all’80 per cento dell’ultimo stipendio.  
La norma era stata fissata dall’articolo 24 della legge 214 del 2011, la legge Fornero, e disponeva che dal primo gennaio 2012 fossero calcolati con il sistema contributivo anche i contributi di quanti, fino ad allora, erano stati soggetti al calcolo retributivo (assai più vantaggioso).  
LA notizia viene oggi rilanciata dalla CGIA di Mestre che testualmente scrive:
"Secondo l’allarme lanciato dall’Inps, potranno dunque godere di una pensione stratosferica circa 160 mila persone, quanti cioè, pur avendo raggiunto i 40 anni di anzianità contributiva, a dicembre 2011 hanno deciso di restare in servizio a oltranza. Si tratta, per esempio, di professori universitario o magistrati.
La rimozione del vincolo, da un lato, costerà alle casse dell’Istituto nazionale di previdenza sociale circa due miliardi di euro da qui al 2014, dall’altro, accentuerà la percezione dell’iniquità di alcuni fenomeni sociali determinati proprio dalla legge Fornero, quali gli esodati."
Che dire.......

LIMITI ALL'ESECUZIONE FORZATA DOPO IL PIGNORAMENTO a cura di Victor Di Maria




Interessantissima novità a tutela della casa del debitore.

Si tratta di una novità che consentirà di far chiudere definitivamente migliaia di procedure di esecuzione forzata, avviate tramite il pignoramento di case e immobili vari (terreni, fabbricati, quote di comproprietà su beni indivisi, ecc.).  

La riforma ha previsto che se, a seguito di una serie di ribassi di asta il prezzo battuto come “base d’asta” per l’esecuzione forzata dell’immobile dovesse discostarsi di molto dal suo valore di mercato, il giudice deve disporre la chiusura anticipata del processo esecutivo.  

Lo scopo della norma è quello di non svendere i beni sottoposti ad aste.  


Ecco, allora, cosa dice testualmente la nuova norma:

(Infruttuosità dell’espropriazione forzata). “Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.  

La riforma prevede che il giudice stabilisca la chiusura definitiva della procedura. 

In pratica, il debitore si libera (non del debito, ma) dell’esecuzione forzata e può tornare nella piena disponibilità del proprio bene.  

La nuova norma non specifica la conseguenza che avrà l’eventuale estinzione del pignoramento immobiliare sulle eventuali ipoteche accese dal creditore; si deve però ritenere che le stesse possano continuare a rimanere iscritte nei pubblici registri (salvo il rinnovo periodico). Non viene neanche chiarito quale forbice, tra valore di stima e valore di vendita, possa considerarsi sufficiente per imporre al giudice la chiusura della procedura. 

Il che sarà rimesso alla valutazione del singolo tribunale.

Se il creditore reitera il pignoramento

Nonostante nulla dica la legge (spetterà ai giudici interpretarla in tal senso), qualora il creditore, una volta estinta la procedura per assenza di offerte, proceda a pignorare nuovamente lo stesso immobile, ben conoscendone l’inutilità in assenza di riassetti del mercato immobiliare, si potrebbe configurare un abuso di diritto; e pertanto il debitore ben potrebbe proporre una opposizione all’esecuzione forzata ed, eventualmente, chiedere la condanna del creditore al risarcimento del danno per lite temeraria.

La prima vendita all’incanto

La riforma aggiunge un’ultima norma non meno interessante della precedente. 

Si specifica, in particolare, che nel caso di vendita all’asta, l’incanto può essere disposto solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene.

giovedì 13 novembre 2014

PIGNORAMENTI: NUOVA PROCEDURA.



Con la riforma della giustizia [1] viene introdotta la possibilità da parte del  creditore di effettuare la ricerca telematica dei beni del debitore da pignorare tramite il collegamento alle banche dati della pubblica amministrazione: Anagrafe tributaria dell’Agenzia delle Entrate, PraAnagrafe dei conti correnti messa a disposizione dalle banche. Tutto ciò per il tramite dell’ufficiale giudiziario, il quale potrà accedere a questa nuova procedura.


1 | L’istanza al Presidente del Tribunale

Il creditore – mediante il suo difensore – deve presentare una istanza al Presidente del tribunale (o a un giudice da lui delegato) del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.  

Il Presidente fa una verifica del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. La norma null'altro aggiunge. Il che fa ritenere che si tratti di una verifica di legittimità e non sul merito dell’istanza. Sarà necessario allegare il titolo esecutivo o copia dello stesso. 

L’istanza dovrà contenere l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ordinaria nonché di quella certificata (Pec) [2] e, infine, il numero di fax del difensore. 

Il Presidente del tribunale, terminata la procedura anzidetta, autorizza la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare.


2 | L’ufficiale giudiziario

L’ufficiale giudiziario, dotato dell'autorizzazione, accede mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni  e, in particolare, nell’Anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, nel pubblico registro automobilistico (PRA) e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni sensibile e utili per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione. 

Attenzione ai conti correnti bancari. L’ufficiale giudiziario potrà rivolgersi anche all’Anagrafe dei conti correnti, un archivio in costante aggiornamento, tenuto dalle banche e comunicato in tempo reale al fisco, con l’indicazione non solo della titolarità dei rapporti, cassette di sicurezza, depositi, carte di credito, ecc., ma anche dei relativi saldi, versamenti e prelievi. 

Terminate le operazioni l’ufficiale giudiziario redige un verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze. 

Quindi, comunica al creditore le banche dati interrogate e le informazioni dalle stesse risultanti a mezzo telefax o posta elettronica anche non certificata, dandone atto a verbale. 

Il creditore, quindi,  entro dieci giorni dalla comunicazione, comunica all’ufficiale giudiziario i beni da sottoporre ad esecuzione; in mancanza la richiesta di pignoramento perde efficacia.


[1] DL n. 132 del 12.09.2014 conv. in legge n. 162 del 10.11.2014.
[2] Ai fini dell’art. 547 cod. proc. civ.


sabato 8 novembre 2014

Quando è possibile aderire al regime dei "Nuovi Minimi" a cura di Victor Di Maria



Leggiamo una risposta pubblicata sul sito dell'Agenzia delle Entrate in base ad un quesito di un utente. La risposta fornita chiarisce un aspetto temporale impostante.

Quesito:

Ho chiuso la partita Iva il 31 luglio 2011. Posso adesso aderire al regime dei "nuovi minimi"?

Risposta:

Possono avvalersi del regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità ("nuovi minimi") coloro che, nel triennio precedente quello di inizio della nuova attività, non hanno svolto attività di lavoro autonomo o di impresa (articolo 27, comma 2, lettera a), del Dl 98/2011). 

A tal riguardo, è necessario fare riferimento non al periodo di imposta, ma alla data a partire dalla quale si vuole accedere al nuovo regime, verificando che eventuali precedenti attività siano cessate anteriormente all’inizio del triennio che precede l’inizio della nuova attività (circolare n. 17/2012).

Conseguentemente, un soggetto che ha cessato la precedente attività il 31 luglio del 2011 può intraprenderne una nuova utilizzando il regime dei "nuovi minimi" a partire dal mese di agosto del 2014, senza dovere attendere almeno tre periodi d’imposta completi (senza dovere aspettare, in altri termini, il 1° gennaio 2015).

Quale futuro per i beni sequestrati e confiscati alla mafie ? a cura di Victor Di Maria


“Le aziende confiscate alla criminalità organizzata sono oltre 1700, alle quali bisogna aggiungere tutte quelle sequestrate ma non confiscate, più di 5000. Si tratta di una cifra considerevole, che dà un’idea del gran numero di lavoratori interessati dal fenomeno. Queste imprese rappresentano un’opportunità concreta di lavoro che non può essere sprecata. Invece spesso si assiste a un paradosso: attività economiche simbolo del potere mafioso che una volta sequestrate dallo Stato non sono in grado di divenire modelli di legalità economica, garantendo sicurezza sociale ai lavoratori coinvolti”.
Lo ha detto Domenico Posca, presidente INAG – Istituto Nazionale Amministratori Giudiziari, presentando il III Congresso Nazionale dell’Istituto, che si terrà venerdì 7 novembre alle ore 9.30 presso il Salone d’Onore del Comando Generale della Guardia di Finanza (Caserma Sante Laria, Piazza Armellini 20 – Roma).
“In Italia l’economia sommersa, la pervasività della criminalità mafiosa, il malaffare e la corruzione hanno un costo pari a circa il 27% del PIL.
Le imprese sequestrate e confiscate – continua il numero uno dell’INAG – devono diventare presidi di legalità democratica ed economica, punto di riferimento capace di garantire un lavoro dignitoso e legale in territori spesso dilaniati dalla presenza mafiosa. Perché ciò sia possibile, è necessario che i fondi FUG confiscati siano messi a garanzia di interventi bancari a sostegno delle aziende. E ancora, sgravi contributivi per regolarizzare i lavoratori a nero delle imprese sequestrate; l’affidamento della gestione degli immobili a un soggetto pubblico professionale, come un fondo immobili confiscati, che eviti il loro abbandono; dati precisi sui beni sequestrati e confiscati”. “Il progetto di legge allo studio della II Commissione alla Camera va in direzione della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici con accesso universale agli ammortizzatori sociali, oltre a prevedere incentivi per l’emersione alla legalità dell’azienda fin dalla fase giudiziaria, con l’obiettivo di salvaguardare l’attività produttiva. Appare auspicabile – conclude Posca – che il quadro di regole operative contenuto nel progetto possa essere rapidamente varato”.

lunedì 3 novembre 2014

Finalmente eliminata una anomalia nella norma per le spese di vitto e alloggio sostenute direttamente dal committente.

Spese di vitto e alloggio sostenute direttamente dal committente - Novità del DLgs. di semplificazione fiscale



Tra le novità del DLgs. di semplificazione fiscale, approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri in data 30.10.2014, si annovera una modifica in materia di reddito di lavoro autonomo relativa al regime di imponibilità delle spese di vitto e alloggio sostenute direttamente dal committente, che avrà efficacia a decorrere dal periodo d'imposta 2015. 

In particolare, l'art. 10 del citato decreto sostituisce il secondo periodo dell'art. 54 co. 5 del TUIR, prevedendo che "le spese per prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande acquistate direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista".

Sul punto si rileva che:
- la norma fa riferimento solo alle prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande, ma secondo l'orientamento prevalente essa sarebbe applicabile a tutte le spese prepagate dal committente (cfr. circ. CNDCEC 9.1.2014 n. 37/IR, § 3); 
- la norma richiama solamente i compensi in natura "per il professionista", tuttavia, privilegiando una lettura sistematica, non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che essa si applichi anche a coloro che "esercitano arti", in quanto la disposizione è collocata nell'ambito della determinazione del reddito di lavoro autonomo.

Cambia il processo di esecuzione - Maggiori poteri all'ufficiale giudiziario

Procedura civile - Processo di esecuzione
Novità del Ddl. di conversione del DL 132/2014


Il DL 132/2014 ha apportato varie novità in tema di processo esecutivo, stabilendo, tra l'altro, che l'ufficiale giudiziario può beneficiare, a certe condizioni, di una percentuale commisurata al ricavato della vendita o al valore di assegnazione delle cose (detta percentuale entra a far parte delle spese esecutive).

Inoltre, su domanda del creditore procedente accolta dal Tribunale, l'ufficiale giudiziario potrà, con modalità da definirsi, accedere direttamente alle banche dati delle Pubbliche amministrazioni, ivi compresa l'Anagrafe tributaria ("nuovo" art. 492-bis c.p.c.).

Un'ulteriore novità consiste nel fatto che l'iscrizione a ruolo della causa potrà avvenire a cura del creditore procedente, e non più dell'ufficiale giudiziario.

domenica 2 novembre 2014

ATTESTATO DI PRESTAZIONE ENERGETICA (A.P.E.) IN CASO DI LOCAZIONE O COMPRAVENDITA



Le domanda più frequenti in tema di A.P.E. sono quelle relative all'obbligatorio di redigere l’attestato energetico in caso di compravendita o locazione di immobili, oppure su cosa si rischia in caso di omissione o mancata allegazione e quali sono le sanzioni previste per chi non lo redige.
Ma cosa è l’APE?
L’APE (Attestato di Prestazione Energetica) è un documento obbligatorio che deve essere redatto nella locazione e nella vendita di immobili.
Si tratta di un documento che descrive le caratteristiche energetiche di un edificio o di un’unità immobiliare, che devono essere indicate con una scala che va dalla lettera A+ (classe massima) alla lettera G (classe minima). La classe energetica viene determinata attraverso un’unità di misura che la normativa stabilisce in KWh/mq.
Per misurare le caratteristiche energetiche vengono analizzati i consumi, la produzione di acqua calda, il raffrescamento e il riscaldamento degli ambienti, gli impianti e gli eventuali sistemi di produzione di energia rinnovabile installati nell’immobile.
Quando deve essere predisposto l’APE?
Deve essere redatto nei casi di compravendita di immobili, di registrazione di contratti di affitto o comodato d’uso, di pubblicazione di annunci di vendita o affitto, di importanti ristrutturazioni, di richiesta di agibilità.
Chi predispone l’APE?
L’attestato di prestazione energetica deve essere redatto da un tecnico abilitato che dichiara l’assenza di conflitto di interessi e il non coinvolgimento con i produttori dei materiali utilizzati nella costruzione dell’immobile. Il professionista che redige l’APE non deve essere né coniuge né parente fino al quarto grado del committente.
Durante le trattative di compravendita o di locazione, venditori e locatori devono rendere disponibile al potenziale acquirente o al nuovo conduttore l’attestato di prestazione energetica.
L’APE ha una durata di 10 anni dal momento in cui viene redatto. Nel caso in cui avvengano interventi di qualificazione o ristrutturazione importanti che vadano a modificare la classe energetica dell’edificio, l’APE dovrà essere nuovamente predisposto.
E in caso di inadempienza?
In caso di inadempienza le sanzioni possono essere molto pesanti (fino a 18 mila euro). 
In particolare, in caso di assenza o mancata redazione dell’Attestato di Prestazione Energetica, verranno applicate delle sanzioni pecuniarie amministrative di ammontare intercorrente tra:
  • 3 mila euro e 18 mila euro a nel caso di immobile venduto senza essere dotato di APE;
  • 1.000 euro e 4.000 euro nel caso di locazioni di singole unità abitative (la sanzione viene ridotta al 50% qualora il contratto abbia una durata non superiore a tre anni);
L’accertamento e la contestazione della violazione sono svolti dalla Guardia di Finanza o, all’atto della registrazione del contratto, dalla stessa Agenzia delle Entrate, che per l’ulteriore corso del procedimento sanzionatorio, presentano rapporto al Prefetto.

CONTENZIOSO: CONSUMI DI ENERGIA ELETTRICA MISURANO RICAVI NON CONTABILIZZATI




In seguito a una verifica fiscale, l’ente impositore notificava a una contribuente, esercente attività di tintoria e lavanderia, un avviso di accertamento contestando in via presuntiva, sulla base di parametri e valori desunti dagli studi di settore e da informazioni raccolte presso l’impresa, maggiori ricavi/corrispettivi in materia di Irpef, Ilor e Iva.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso, con eguale esito anche in appello.
 
Nel conseguente ricorso per cassazione, l’ente impositore denunciava violazione di legge (combinato disposto degli articoli 38 e 39, comma 1, lettera d), Dpr 600/1973, con l’articolo 62-sexies, Dl 331/1993, e con gli articoli 51, 56 e 54, comma 5, Dpr 633/1972) nonché vizi di motivazione, in quanto il giudice di appello ha ritenuto illegittimo l’accertamento, perché basato su presunzioni semplici e senza alcuna idonea motivazione né assolvimento dell’onere della prova dei fatti posti a fondamento della pretesa tributaria, né considerando che la percentuale di ricarico medio ponderato era stata elaborata tenendo conto delle percentuali di ricarico vigenti negli studi di settore.
 
Motivi della decisione
Sovvertendo le decisioni di merito, con la sentenza 20897/2014, la Corte suprema accoglie il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, affermando il principio che il fisco può ricorrere anche a presunzioni “supersemplici” – prive cioè dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (ex articolo 2729 cc, su cui cfr Cassazione, pronuncia 16379/2008) – per accertare l’esistenza di ricavi superiori a quelli contabilizzati dal contribuente, a cui spetterà dimostrare di aver guadagnato meno rispetto all’accertato.
 
A tal fine, il giudice di legittimità argomenta che nella fattispecie non importa che la contabilità sia stata regolare, considerato che la contribuente, integrato il contraddittorio con l’ufficio, non ha giustificato adeguatamente lo scostamento dagli studi di settore, mentre l’ufficio ha calcolato l’ammontare delle prestazioni di servizi erogate nell’anno di imposta accertato basandosi sul consumo di energia elettrica, sulla sede in cui si trova l’azienda e su altri fattori (tipologie dei capi trattati, eccetera), come previsto dall’articolo 38, comma 3, Dpr 600/1973, da cui si può in qualche modo desumere il reddito.
 
In sostanza, l’Amministrazione finanziaria è autorizzata a procedere ad accertamento induttivo qualora ravvisi gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta o dagli studi di settore (cfr Cassazione 20414/2014).
Ciò in quanto, in tema di valutazione della prova presuntiva in ordine all’esistenza di ricavi superiori a quelli contabilizzati e assoggettati a imposta, trova conferma il principio secondo il quale il giudice di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione finanziaria, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio e, solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e seguenti e 2697, comma 2, codice civile (cfr Cassazione, pronunce 9784 /2010 e 20899/2014).
 
Nel caso concreto, la Commissione tributaria regionale non ha tenuto conto del consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale istituzionalmente demandatogli, di scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione. Non occorre, a conforto, l’acquisizione di ulteriori elementi presuntivi o probatori desunti dall’esame della documentazione contabile o bancaria del contribuente, in quanto, se gli indizi hanno raggiunto la consistenza di prova presuntiva, non vi è necessità di ricercarne altri o di assumere ulteriori fonti di prova (cfrCassazione, pronunce 9108/2012 e 20899/2014).
In definitiva, i consumi di energia smascherano i corrispettivi in nero.

Patente e libretto dovranno coincidere?: le risposte alle domande



La Circolare ha un’applicazione retroattiva? Cosa succede per tutti gli atti compiuti prima del 3 novembre?
La Circolare non è retroattiva e riguarda solo gli atti posti in essere a decorrere dal 3 novembre 2014. Gli utenti interessati hanno la “possibilità di provvedere all’aggiornamento delle carte di circolazione e dell’Archivio Nazionale dei Veicoli anche con riferimento agli atti insorti anteriormente al 3 novembre 2014ed in specie quelli posti in essere tra il 7 novembre 2012 ed il 2 novembre 2014. In tal caso, tuttavia, l’eventuale omissione non dà luogo alla applicazione delle predette sanzioni.”

Ho una ditta SRL e un auto intestata alla ditta, come devo comportarmi con il libretto di circolazione visto che l’auto la usiamo sia io che mia moglie?
La Circolare sul punto è chiara: «sono esentati da tale obbligo i componenti del nucleo familiare, purché conviventi». Sarà una facoltà del comodatario aggiornare la carta di circolazione, non c’è uno specifico divieto. Si prevede l’inapplicabilità delle sanzioni previste.

Cosa succede se faccio usare ad una persona esterna al nucleo familiare la mia auto?
Se l’auto rientra tra gli autoveicoli c.d. aziendali dovrà provvedere all’aggiornamento della carta di circolazione. Si realizzerebbe, in questo caso, la condizione della disponibilità temporanea di un veicolo da parte di un soggetto diverso dall’intestatario. Secondo quanto previsto dalla Circolare “per un periodo superiore a 30 giorni, sono previsti obblighi di comunicazione finalizzati all’aggiornamento dell’Archivio Nazionale dei Veicoli e della carta di circolazione”.

Le disposizioni della Circolare si applicano a tutti i veicoli?
No. Sul punto il Ministero esclude “i veicoli in disponibilità di soggetti che effettuano attività di autotrasporto sulla base di: - iscrizione al REN o all’albo degli autotrasportatori; - licenza per il trasporto di cose in conto proprio; - autorizzazione al trasporto di persone mediante autobus in uso proprio o mediante autovetture in uso di terzi (ad esempio taxi e ncc)”. Con riferimento ai predetti veicoli, infatti, verranno emanate apposite disposizioni.

Per quanto riguarda i rimorchi di massa complessiva inferiore alle 3,5 tonnellate, come ci si deve comportare?
Questi rimorchi si legge nella circolare sono stati “esonerati dal regime dei beni mobili registrati ( v. l’art. 1 del r.d. 29 luglio 1927, n. 1814, come modificato dall’art. 10 della legge 8 luglio 2003, n. 172)”. Tuttavia, le disposizioni del Ministero si applicano “anche ai rimorchi di massa complessiva inferiore alle 3,5 t.”.

Che tipo di documentazione occorre per le variazioni della denominazione o della ragione sociale dell’ente intestatario della carta di circolazione?
Vi sarà l’emissione di un apposito tagliando. Nella Circolare si chiarisce che: “Alla domanda di rilascio del tagliando di aggiornamento deve essere allegata a seconda dei casi: - la dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante l’avvenuta variazione della denominazione o della ragione sociale della società iscritta nel registro delle imprese, specificando che la variazione stessa deriva da atti, anche di trasformazione o di fusione societaria, che non hanno dato luogo alla creazione di un nuovo soggetto giuridico distinto da quello originario e, pertanto, non è soggetta a trascrizione nel pubblico registro automobilistico; - la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (art. 47, d.P.R. n. 445/2000) attestante l’avvenuta variazione della denominazione dell’ente, non iscritto nel registro delle imprese, specificando che la variazione stessa deriva da atti che non hanno dato luogo alla creazione di un nuovo soggetto giuridico distinto da quello originario e, pertanto, non è soggetta a trascrizione nel pubblico registro automobilistico; - l’attestazione di versamento di € 16,00 sul c.c.p. n. 4028 (imposto di bollo dovuta per l’istanza) e di € 9,00 sul c.c.p. n. 9001 (diritti di motorizzazione).

Il mio ente è intestatario di una pluralità di veicoli, cosa devo fare?
L’aggiornamento della denominazione sulla carta di circolazione di un veicolo “non produce automaticamente anche l’aggiornamento” per tutti gli altri veicoli. Pertanto, si dovrà chiedere per ciascun veicolo l’aggiornamento. La Circolare chiarisce sul punto che “ trattandosi di una pluralità di operazioni omogenee da effettuare in capo ad un medesimo soggetto, sono ammesse istanze cumulative, secondo le disposizioni generali in materia, con conseguente esborso di un’unica imposta di bollo (per l’istanza) e di n diritti di motorizzazione quante sono le carte di circolazione da aggiornare”. Quindi si pagherà un’unica imposta di bollo, da 16 euro, per l’istanza e 9 euro per ogni veicolo per i quale dovrà essere aggiornata la carta di circolazione.

Quali sono i casi in cui c’è la variazione delle generalità della persona fisica intestataria della carta di circolazione?
Per generalità della persona fisica il Ministero intende: il norme, il cognome, la data di nascita, il luogo di nascita, il luogo di residenza. Queste variazioni possono dipendere: “da provvedimenti dell’autorità giudiziaria o degli uffici anagrafici che dispongono correzioni del nome, del cognome, del luogo e della data di nascita; - da variazioni toponomastiche, concernenti la denominazione del Comune o della Provincia di nascita o di residenza  e la denominazione o la numerazione civica della strada in cui è ubicata la residenza”. Si aggiunge che secondo quanto riportato nella Circolare le variazioni relative alla toponomastiche prevedono il rilascio del tagliando di aggiornamento “in esenzione sia di imposta di bollo sia dei diritti di motorizzazione”, si dovrà allegare soltanto la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà. Per quanto riguarda il trasferimento della residenza “ la nuova procedura non si applica” questi casi continuano “ad essere gestiti secondo le procedure in uso all’uopo predisposte”.

Quali sono i soggetti legittimati all’utilizzo del veicolo in comodato?
Non ci sono prescrizioni al riguardo, i veicoli “possono essere concessi in comodato sia a persone fisiche che a persone giuridiche”.

sabato 1 novembre 2014

SCONTI, ABBUONI, PREMI. QUANDO E' POSSIBILE DETRARRE L'IVA ?



Se le aziende praticano sconti ai clienti, l’IVA può essere detratta
È quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n.21182 dell’8 ottobre 2014.
Nello specifico, la sentenza di legittimità conferma che è legittima l’emissione della nota di variazione in diminuzione dell’IVA (ex art. 26, comma 2 del DPR 633/72) nel caso in cui abbuoni o sconti commerciali riducano il corrispettivo di operazioni già effettuate e per le quali è già stata emessa la fattura. 
Gli abbuoni e gli sconti commerciali previsti contrattualmente sono infatti somme di denaro che influiscono direttamente sul prezzo della merce compravenduta o del servizio scambiato, riducendone l’importo dovuto per le singole operazioni effettuate.  
Affinché si possa emettere una nota di variazione portandosi in detrazione l’IVA, l’art.26 del DPR 633/72 pone come condizione che la riduzione del corrispettivo al cliente sia frutto di un accordo, sia esso documentale o verbale.  
Secondo quanto affermato dalla Cassazione, al contrario l’IVA non può essere detratta nel caso in cui le riduzioni operate siano relative alla corresponsione di premi o bonus ai clienti
Infatti tali operazioni non attribuiscono il diritto alla detrazione dell’IVA
I premi di fine anno hanno natura di contributi autonomi riconosciuti “indistintamente a fine esercizio al cliente al raggiungimento di un determinato fatturato o comunque per incentivarlo a futuri acquisti” e, in quanto tali, costituiscono somme che sono escluse dal campo di applicazione del tributo. 
Lo stesso vale per le somme di denaro versate ai clienti come contributi per l’apertura di nuove strutture o come contributi promozionali. 
Più in generale, non è riconosciuta la detrazione dell’imposta per tutti gli importi corrisposti a titolo di liberalità ovvero a titolo risarcitorio.  
Le liberalità costituiscono infatti cessioni di denaro fuori dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art.2, comma 3, lett. a) del DPR 633/72, mentre i risarcimenti sono somme “escluse” dall’IVA in virtù dell’art.15 del medesimo DPR 633/72.  
Ulteriore caso affrontato dalla sentenza è quello della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti di beni destinati ad essere ceduti come omaggi
In tali casi, l’IVA assolta all’atto dell’acquisto risulta detraibile solo qualora gli acquisti effettuati risultino inerenti con l’attività d’impresa del contribuente. 
Le cessioni di “beni omaggio”, se rientranti nell’ambito dell’attività d’impresa, sono sempre imponibili IVA (art.2, comma 2, n.4 del DPR 633/72), indipendentemente dal costo unitario dei beni stessi. Per tale motivo, per tali beni é prevista la possibilità di detrarre l’imposta assolta all’atto dell’acquisto. 
L’onere di provare l’inerenza delle spese destinate alle cessioni di omaggi al fine di detrarre l’IVA spetta al contribuente, così come ribadito dalla Cassazione con numerose sentenze.

PARTITE IVA. Nuovi minimi: imposta al 15%, soglie e coefficienti. LA SCHEDA TECNICA

Dopo la “bollinatura” della Ragioneria Generale dello Stato, sta per approdare in Parlamento il disegno di Legge di Stabilità, nel quale è contenuto una tassazione a forfait per le partite Iva con redditi bassi.



Nella Legge di Stabilità è contenuta la riforma del regime dei minimi, inserita nella finanziaria all’articolo 9, che andrà a sostituire, gradualmente, l’attuale regime agevolato per le partite Iva (imposta sostitutiva al 5 per cento fino ai 30mila euro, per cinque anni oppure non oltre i 35 anni di età). Dunque, vediamo di seguito cosa prevede il nuovo regime (fermo restando che l’attuale normativa potrebbe ancora essere modificata nell’iter di approvazione da parte delle Camere).

CHI NE FARA’ PARTE – Chi, attualmente, si trova in regime dei minimi 2014, potrà decidere se continuare a starci fino al compimento dei 35 anni (o fino allo scadere dei 5 anni) o aderire a quello nuovo. Chi, invece, aprirà una nuova partita Iva, potrà decidere se aderire al nuovo regime, o a quelli ordinari (ordinario o semplificato).

NUOVA ALIQUOTA – L’imposta sostitutiva triplica e sale al 15 per cento; sostituisce Irpef, Irap e addizionali (regionale e comunale).

COME SI CALCOLA L’IMPONIBILE – Ad ogni categoria è attribuito un tetto massimo di ricavo (oltre il quale non è possibile aderire al nuovo regime agevolato). Il reddito è determinato in maniera forfettaria moltiplicando i ricavi per appositi coefficienti relativi all’attività esercitata. Moltiplicando il risultato ottenuto per l’aliquota del 15 per cento, si ottiene la cifra da versare. Se l’attività è nuova, ovvero aperta da meno di tre anni, il reddito a cui applicare l’aliquota si riduce di un terzo.

SOGLIE E COEFFICIENTI
Professionisti. Ricavi: 15mila euro; coefficiente: 0,78
Artigiani e imprese. Ricavi: 20mila euro; coefficiente 0,67
Commercianti (ingrosso e dettaglio). Ricavi 40mila euro; coefficiente 0,40
Ambulanti di alimentari e bevande. Ricavi 30mila euro; coefficiente 0,40
Ambulanti di altri prodotti. Ricavi 20mila euro; coefficiente 0,54
Alberghi e ristoratori. Ricavi 40mila euro; coefficiente 0,40

LIMITE TEMPORALE – Nel nuovo regime non è più previsto il limite temporale dei 5 anni ( o dei 35 anni di età).


REGIME AGEVOLATO PER CHI HA PERSO I REQUISITO PER I MINIMI di Victor Di Maria

AGEVOLAZIONI



Le persone fisiche che, pur avendo le caratteristiche originariamente prescritte per il regime dei   "minimi" (articolo 1, commi da 96 a 99, della legge 244/2007), non possiedono gli ulteriori requisiti   previsti dal nuovo regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità   ("nuovi minimi"), hanno la possibilità di rientrare in un regime contabile agevolato (articolo 27, comma   3, Dl 98/2011). Tali contribuenti, pur non potendo usufruire dell’imposta sostitutiva, sono esonerati   dalla registrazione e tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte dirette, dell'Irap e   dell'Iva, nonché dalle liquidazioni e dai versamenti periodici dell'Iva (compreso l'acconto), e sono   esenti dal pagamento dell'Irap (provvedimento n. 185825 del 22 dicembre 2011).