martedì 9 agosto 2016

STOP ALL'ANATOCISMO BANCARIO.....LEGGE N. 48/2016



Finalmente l'Italia si dota di una legge che dovrebbe mettere la parola fine agli interessi bancari calcolati col metodo anatocistico. 

Con un comunicato stampa, il Ministero dell'Economia e della Finanza, ha reso noto che il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) ha approvato una delibera sulle disposizioni applicative del secondo comma dell’art. 120 del Testo unico bancario (TUB) così come modificato dal decreto banche (D.L 18/2016 convertito con modificazione nella L.49/2016).

Il nuovo testo prevede che dal 1° ottobre 2016:

  • nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti;
  • gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido;
  • gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1º marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili;
  • il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo.
Nel dare attuazione alle disposizioni di legge, la proposta di delibera stabilisce:


  • che gli interessi sono contabilizzati separatamente dal capitale;
  • che per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento gli interessi debitori divengono esigibili dal 1º marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati; in ogni caso, prima che gli interessi maturati diventino esigibili, si richiede che al cliente venga assicurato un periodo pari ad almeno 30 giorni da quando egli abbia avuto effettiva conoscenza dell’ammontare degli interessi stessi; in questo modo il cliente ha a disposizione un lasso temporale adeguato per pagare il debito da interessi senza risultare inadempiente;
  • che per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento è consentito che il cliente e la banca possano pattuire il pagamento degli interessi con addebito in conto a valere sul fido .

Associazioni Sportive Dilettantistiche: la prova sulla "Decommercializzazione" a carico dell'Amministrazione Finanziaria



Importante ordinanza della Suprema Corte di Cassazione in ordine al corretto trattamento delle operazioni “Decommercializzate”, da sempre oggetto di contenziosi tributari.

In una recente attività difensiva avevo eccepito la necessità che l’onere della prova di comportamenti lesivi delle norme poste a base del comparto sportivo-dilettantistico dovesse ricadere sull'Amministrazione Finanziaria e non già, come più volte sostenuto dalla stessa, a carico dell’Associazione Sportive.

Con l’ordinanza n. 15479 del 26.7.2016, la Corte di Cassazione ha stabilito che, nell'ipotesi in cui all'associazione sportiva dilettantistica sia contestata la “decommercializzazione” dei proventi relativi alle prestazioni svolte nei confronti dei propri soci, l’onere della prova ricade sull'Amministrazione finanziaria laddove le prestazioni siano state effettuate in ottemperanza a quanto previsto dall'atto costitutivo e dallo statuto sociale e questi ultimi siano redatti conformemente alle disposizioni di cui all'art. 148 del TUIR.

Ciò anche nel caso in cui la contestazione circa l’applicazione delle agevolazioni fiscali di cui alla L. 398/91 derivi dal fatto che l’associazione, a seguito di richiesta dell’Agenzia delle Entrate, non sia stata in grado di produrre i libri sociali e le scritture contabili, in quanto andati distrutti a causa di un incendio (sempre che tale circostanza risulti da apposita denuncia presentata agli organi competenti).


Dott. Victor Di Maria

domenica 7 agosto 2016

ENTI PUBBLICI LOCALI: LA CORTE DEI CONTI SUI PARERI DEI RESPONSABILI


La Corte dei Conti, sezione regionale controllo Marche, con deliberazione n. 51 del 4 giugno 2013, ha reso un importante parere in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 49, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, come modificato dall’art. 3, comma 1, lett. b), d.l 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in l. 7 dicembre 2012, n. 213.  
Il Comune che ha adito la Corte evidenzia “come la novella legislativa abbia apportato rilevanti novità in tema di parere di regolarità contabile, laddove si precisa che esso deve essere espresso, da parte del responsabile del servizio finanziario, qualora la proposta di deliberazione ‘comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente’.”  
Le problematiche che il Comune si pone attengono sia “alla corretta definizione ed estensione del parere contabile, sia in ordine alla casistica di proposte di deliberazione da sottoporre al suddetto parere di regolarità contabile.”  
In ordine al primo aspetto, la richiesta di parere evidenzia le “difficoltà di esprimere un corretto e congruo parere di regolarità contabile su atti le cui decisioni si ripercuotono solo indirettamente e con cadenze differite nel tempo (in maniera quindi ampiamente posticipata rispetto al momento decisionale dell’organo di vertice) su aspetti economico-finanziari o patrimoniali dell’ente locale (non sempre esattamente determinati o determinabili nel momento iniziale)”.  
In ordine al secondo aspetto, si citano invece le “deliberazioni di approvazione di strumenti urbanistici (attuativi) e relative varianti, ovvero i piani (rectius: convenzioni) di lottizzazione, ovvero il piano triennale di razionalizzazione delle dotazioni strumentali dell’ente, gli atti di indirizzo di programmazione della dotazione organica etc.” Si richiamano inoltre i “molteplici atti di indirizzo dell’organo politico le cui ripercussioni sono solo indirette (o mediate) perché rimesse all’attuazione dei funzionari mediante atti di gestione autonomi e successivi.” 
Ricordata la complessità (e talvolta l’impossibilità) della esatta determinazione dei riflessi indiretti sulla situazione economico-finanziaria o patrimoniale dell’ente, il Comune istante pone le seguenti puntuali questioni: 
“1) cosa si intenda (dal punto di vista giuscontabile) per ‘riflessi sulla situazione economico finanziaria e/o sul patrimonio dell’ente’; 
2) cosa si intenda (dal punto di vista giuscontabile) per ‘riflessi diretti’ e (soprattutto) per ‘riflessi indiretti’ e quale ne sia l’estensione (ovvero la più o meno ampia portata giuscontabile);  
3) nel caso di riflessi indiretti, quali siano gli oneri (in termini di completezza ed ampiezza dell’istruttoria e di corretta e legittima motivazione dell’atto) del responsabile del servizio proponente (ovvero del relativo responsabile del procedimento) nella formulazione della proposta di deliberazione (di Giunta o di Consiglio comunale), e cioè come debba quantificare e qualificare tali riflessi economico-finanziari e patrimoniali; 
4) nel caso di riflessi indiretti, come debba correttamente e legittimamente esprimersi (dal punto di vista giuscontabile) il responsabile del servizio finanziario nell’espressione del suo parere, e cioè quale contenuto e portata debba avere il giudizio di conformità (contabile) da formalizzare sulla proposta dell’atto;  
5) nel caso di atto di indirizzo avente effetti economico-finanziari e/o patrimoniali indiretti (cioè di atto espresso dall’organo politico che ponga obiettivi da seguire, fini da attuare e modalità di azione ritenute congrue, demandate a successivi atti esecutivi di natura gestionali), come possa conciliarsi il dettato del nuovo articolo 49 del D.Lgs. n. 267/2000 sul ‘nuovo’ parere di regolarità contabile con la disposizione del medesimo articolo che esclude l’espressione dei pareri (tecnici e contabili) sugli atti di indirizzo.” 
Passando al merito delle questioni sottoposte al suo esame la Corte ricorda che l’articolo 49 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 nella nuova formulazione dettata dall’art. 3, comma 1, lett. b), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla l. 7 dicembre 2012, n. 213, così dispone:
(Pareri dei responsabili dei servizi).
1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione. 
2. Nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal segretario dell’ente, in relazione alle sue competenze. 
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi. 
4. Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al presente articolo, devono darne adeguata motivazione nel testo della deliberazione.” 
Tale nuova formulazione sostituisce la precedente versione del citato articolo (in vigore fino al 7/12/2012) secondo cui:
(Pareri dei responsabili dei servizi)
1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione. 
2. Nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal segretario dell’ente, in relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi.” 
L’art. 151, comma 5, TUEL rinvia al regolamento di contabilità per la disciplina delle modalità con le quali il parere di regolarità contabile deve essere reso; mentre per quanto attiene al parere di regolarità tecnica, ben può provvedere il regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi. 
Quanto all’ambito applicativo della norma in esame, va ricordato che la richiesta di parere è obbligatoria solo in presenza di una proposta di deliberazione sottoposta al Consiglio o alla Giunta comunale che non sia “mero atto di indirizzo”.
Il giudice amministrativo ha affermato che nel concetto di “mero atto di indirizzo” rientrano le scelte di programmazione della futura attività, che “necessitano di ulteriori atti di attuazione e di recepimento” da adottarsi da parte dei dirigenti preposti ai vari servizi, secondo le proprie competenze (cfr. TAR Piemonte, sez. II, sent. 14.3.2013, n. 326; TAR Lombardia, sede di Milano, sez. III, sent. 10.12.2012, n. 2991). 
In definitiva, “hanno natura di indirizzo gli atti che, senza condizionare direttamente la gestione di una concreta vicenda amministrativa, impartiscono agli organi all’uopo competenti le direttive necessarie per orientare l’esercizio delle funzioni ad essi attribuite in vista del raggiungimento di obiettivi predefiniti.” (così TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 12.4.2005, n. 531). 
Pertanto secondo la Corte dei conti, sotto questo profilo, la novella del 2012 non ha inciso; mentre il problema segnalato dalla richiesta di parere (e puntualizzato al n. 5 della elencazione finale) è quindi di mero fatto e va risolto applicando i principi dianzi ricordati alla concreta formulazione e portata della proposta di deliberazione. 
La novità precettiva che l’art. 3, comma 1, lett. b), del d.l. n. 174 del 2012 ha apportato all’art. 49 del TUEL consiste essenzialmente nell’avere sostituito l’espressione “qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata” con “qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente”. 
La nuova formulazione comporta un ampliamento dei casi in cui è necessario il parere di regolarità contabile, con l’assegnazione al responsabile di ragioneria di un ruolo centrale nella tutela degli equilibri di bilancio dell’ente. Tale interpretazione è rafforzata dall’introduzione del comma 4 che, ferma rimanendo la valenza non vincolante del parere, ha significativamente previsto un onere di motivazione specifica del provvedimento approvato in difformità dal parere contrario reso dai responsabili dei servizi. 
Ad avviso della Corte la nuova formulazione dell’art. 49 consente di ritenere che nel concetto di “riflessi diretti” siano ricompresi certamente gli effetti finanziari già descritti nella disposizione previgente (“impegno di spesa o diminuzione di entrata”),ma anche le variazioni economico-patrimoniali conseguenti all’attuazione della deliberazione proposta. 
Quanto, invece, all’espressione “riflessi indiretti”, non vi è dubbio, secondo i magistrati contabili, che questa possa ingenerare problemi applicativi, sotto il profilo della estensione del rapporto “causa-effetto” astrattamente ipotizzabile tra il contenuto della proposta di deliberazione sottoposta a parere e la situazione economico-finanziaria o patrimoniale dell’ente. 
La Corte propende per un criterio interpretativo incentrato sulla probabilità che certe conseguenze si verifichino nell’esercizio finanziario in corso o nel periodo considerato dal bilancio pluriennale; uteriore criterio utile a definire l’ambito di applicazione della norma è il vincolo del rispetto dell’equilibrio del bilancio, oggi costituzionalizzato nel novellato art. 119, comma 1, Cost. (in vigore dal 2014). 
Quanto alle modalità di espressione del parere, il Comune richiama la variegata casistica di deliberazioni che un ente locale può adottare, interrogandosi sul contenuto e la portata che i pareri di cui all’art. 49 TUEL debbono avere con riferimento ai riflessi indiretti. 
A questo proposito la Corte sottolinea la difficoltà di indicare un criterio uniforme, poiché il tema della quantificazione degli oneri o delle conseguenze economico-patrimoniali conseguenti all’esecuzione di un provvedimento amministrativo risente dell’applicazione della normativa di natura sostanziale disciplinante una determinata materia e, soprattutto, dell’ineliminabile scostamento tra la mera previsione e la realizzazione effettiva di un dato fenomeno incidente sugli equilibri di bilancio o patrimoniali. 
La Corte, comunque, ricorda che l’accuratezza dell’istruttoria tecnica costituisce un elemento da verificare e riscontrare ai fini del rilascio di parere positivo, sia di regolarità tecnica che di regolarità contabile. Infatti, il punto 65 del principio contabile n. 2 si esprime nel senso che “il parere di regolarità contabile dovrà tener conto, in particolare, delle conseguenze rilevanti in termini di mantenimento nel tempo degli equilibri finanziari ed economico-patrimoniali”. Si deve, pertanto, ritenere, anche alla luce dei rafforzati vincoli di salvaguardia degli equilibri di bilancio, che il responsabile del servizio interessato avrà l’onere di valutare gli aspetti sostanziali della deliberazione dai quali possano discendere effetti economico-patrimoniali per l’ente. Il responsabile di ragioneria, pur senza assumere una diretta responsabilità in ordine alla correttezza dei dati utilizzati per le predette valutazioni, dovrà verificare che il parere di regolarità tecnica si sia fatto carico di compiere un esame metodologicamente accurato. 
Sotto questo profilo, il parere della Corte segnala la portata delle modifiche che, con lo stesso d.l. n. 174 del 2012, sono state apportate all’art. 153, commi 4 e 6, TUEL volte a rafforzare il ruolo del responsabile del servizio finanziario. Ulteriori spunti ricostruttivi possono ricavarsi dal comma 1-bis dell’art. 239 TUEL, introdotto dal d.l. n. 174 del 2012, nella parte in cui richiama i concetti di congruità, coerenza e attendibilità delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti (almeno per alcune significative tipologie di provvedimenti che di regola producono riflessi indiretti, quali quelle di cui alla lett. b), nn. 3 e 5). 
Infine i giudici contabili ritengono opportuno ricordare che la formulazione del parere è necessaria non soltanto sulla proposta di deliberazione, ma anche sugli emendamenti che alla stessa vengano presentati nel corso dell’esame da parte dell’organo deliberante. 
E ciò perchè, se è vero che la presentazione dell’emendamento strutturalmente si colloca in una fase procedimentale di norma successiva alla conclusione dell’iter svolto dagli uffici, è altrettanto vero che la proposta di deliberazione e l’emendamento sono, da un punto di vista funzionale, atti di iniziativa procedimentale del tutto identici, differenziandosi solo quanto alla provenienza, sicché sarebbe artificioso, e irragionevolmente discriminatorio, ritenere assoggettata all’obbligo del parere preventivo solo la prima e non anche il secondo.” (così TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 28.12.2007, n. 3507, confermata con motivazione conforme da Cons. Giust. Amm. Siciliana, sent. 4.2.2010, n. 105).

venerdì 5 agosto 2016

Automezzi acquistati dagli alberghi per il servizio di navetta - Condizioni per la detraibilità integrale dell'IVA (interrogazione parlamentare 3.8.2016 n. 5-09338)



La risposta fornita a seguito di una interrogazione parlamentare, la n. 5-09338 del 3.8.2016, non chiarisce in maniera netta la fattispecie e lascia sempre l’operatore nella difficoltà di dover dimostrare, di volta in volta, le modalità di utilizzo del mezzo.

E’ stato affermato che l’IVA assolta in relazione all'acquisto di automezzi utilizzati dagli alberghi per il trasporto degli ospiti è detraibile integralmente soltanto a condizione che il soggetto passivo provi che gli stessi veicoli sono utilizzati esclusivamente nell'esercizio d’impresa, circostanza che deve essere verificata caso per caso.

In caso contrario, si applicano le limitazioni previste dall'art. 19-bis1 co. 1 lett. c) del DPR 633/72, in base al quale la detrazione dell’imposta sull’acquisto di veicoli a uso promiscuo è ammessa nella misura forfetaria del 40%.

Ai fini delle imposte dirette, la deducibilità dei costi è in ogni caso limitata ai sensi dell’art. 164 co. 1 lett. b) del TUIR (nella misura del 20%), in quanto le navette degli alberghi non possono essere qualificate come “beni strumentali”.


Infatti, con tale espressione, secondo quanto chiarito dall'Amministrazione finanziaria in via di prassi, si fa esclusivo riferimento ai veicoli senza i quali l’attività d’impresa non può essere esercitata - circostanza che non è verificata nel caso in esame.

MODIFICHE AL CODICE CIVILE PER LE FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI



La L. 27.5.2015 n. 69 ha sostituito gli artt. 2621 e 2622 c.c. ed ha inserito nel codice civile i nuovi artt. 2621-bis e 2621-ter.

In via generale:

- si distingue tra false comunicazioni sociali in società non quotate (art. 2621 c.c.) e false comunicazioni sociali in società quotate (art. 2622 c.c.), sanzionando entrambe le fattispecie come delitto;

- si prevedono, in relazione alle false comunicazioni sociali di società non quotate, ipotesi attenuate per fatti di lieve entità (art. 2621-bis c.c.) ed una specifica causa di non punibilità per particolare tenuità (art. 2621-ter c.c.).

In pratica, si passa da una differenziazione fondata sull'esistenza o meno di danni nei confronti della società, dei soci o dei creditori, ad una che si basa sul contesto societario nel quale le false comunicazioni sociali sono poste in essere.

La nuova disciplina è in vigore dal 14.6.2015.

Nell'ambito delle società non quotate, in particolare, sono puniti con tale fattispecie gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore.

Tale nuova formulazione normativa ha fatto sorgere dubbi con riguardo alla rilevanza penale o meno delle false valutazioni.

Ed anche nella giurisprudenza di legittimità si è registrato un contrasto.


Tale contrapposizione è stata definitivamente risolta da Cass. SS.UU. 27.5.2016 n. 22474, che ha enunciato il seguente principio di diritto: sussiste il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo all'esposizione od omissione di fatti oggetto di "valutazione", se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, ci si discosti consapevolmente da essi, senza darne adeguata informazione giustificativa e in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni.

Bancarotta fraudolenta documentale - Causazione del fallimento della società con operazioni dolose - Condotte rilevanti - Elemento soggettivo (Cass. pen. 4.8.2016 n. 34423)



La Corte di Cassazione, nella sentenza 4.8.2016 n. 34423, ha precisato, tra l’altro, che:
  • ü la bancarotta fraudolenta documentale sussiste non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza. Per quanto concerne il profilo soggettivo, invece, è richiesto il dolo generico; 
  • ü  la causazione del fallimento della società per effetto di operazioni dolose punisce gli amministratori che cagionino il fallimento con abusi o infedeltà nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero con atti intrinsecamente pericolosi per la salute economico-finanziaria dell’impresa. E, quindi, anche con condotte omissive ove produttive di un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l’impresa.

Il profilo soggettivo è anche qui connotato dal dolo generico.

Nella fattispecie la Suprema Corte ha reputato, sia dal punto di vista materiale che psicologico, ravvisarvi responsabilità a fronte del sistematico omesso versamento di contributi.

Perché ciò comportava l’addebito di interessi moratori e sanzioni pecuniarie che, aggravando il dissesto della società, si atteggiavano a concausa del verificarsi del fallimento.  

In egual misura la Corte ha sottolineato come la fattispecie di un affitto d’azienda che, di fatto, precludeva alla società la possibilità di svolgere l’attività per la quale era stata costituita (a prescindere dal verificarsi o meno dei pagamenti di canoni e restituzioni), ne costituiva un comportamento in grado di aggravare la situazione patrimoniale depauperandola con comportamenti non giustificabili in termini di interesse per l’impresa.

Diritto di prelazione ereditaria - Rinuncia - Validità - Condizioni (Cass. 4.8.2016 n. 16314)


La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16314 del 4.8.2016, ha statuito che la rinuncia al diritto di prelazione ereditaria, effettuata da uno dei coeredi, è valida anche se riferita ad un generico intento di alienazione espresso da uno dei coeredi. 

In particolare, secondo i giudici di legittimità, il diritto di prelazione del coerede non sorge per effetto del ricevimento di una proposta, bensì in forza della legge, e cioè con l’apertura della successione e con la formazione della comunione ereditaria.

Pertanto, se a un coerede spetta il diritto di prelazione per il fatto stesso di trovarsi in una situazione di comunione ereditaria, al diritto di prelazione egli può rinunciare prima e a prescindere dal ricevimento della proposta di alienazione specificamente formulata da un altro coerede.


E’ bene ricordare, inoltre, che per prelazione si intende, ai sensi dell’art. 732 c.c., il diritto in capo a ciascun coerede di essere preferito, a parità di condizioni rispetto a un estraneo alla comunione ereditaria, nel caso in cui un altro coerede intenda alienare la propria quota.

Imprese culturali delle regioni del Sud: in arrivo aiuti di Stato


E' stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27-07-2016, il Decreto n. 243, datato 11 maggio 2016, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che prevede un regime di aiuto per promuovere e sviluppare la filiera culturale e creativa e rafforzare la competitività delle micro, piccole e medie imprese operanti nelle regioni del Sud. 
L'intervento è finalizzato allo sviluppo ed al consolidamento del settore produttivo collegato al patrimonio culturale italiano ed ha lo scopo di:
  • creare nuove imprese nell'industria culturale;
  • sviluppare le imprese dell'industria culturale, turistica e manifatturiera;
  • sostenere i soggetti del terzo settore che operano nell'industria culturale.
Le risorse disponibil, oggettivamente non molte, ammontano a circa cento milioni di euro (106.933.000,00 €).