mercoledì 31 dicembre 2014

SOCIETA' ESTINTE AGGREDIBILI PER CINQUE ANNI DALLA CANCELLAZIONE - RETROATTIVITA' - a cura di Victor Di Maria


L'articolo 28, comma 4, del D. Lgs. 175/2014, ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di accertamento, liquidazione, riscossione e contenzioso di tributi e contributi, ha sancito che gli effetti della liquidazione volontaria ai sensi dell'articolo 2495 del codice civile si producono soltanto dopo il compimento di cinque anni dalla richiesta di cancellazione della società dal Registro Imprese presso le Camere di Commercio.
La norma introduce un termine di cinque anni entro il quale, nei confronti degli enti impositori, degli enti di previdenza e assistenza e dei contribuenti, la cancellazione della società non causa l’effetto consistente nell’irreversibile estinzione della società.  
Quindi, saranno validi gli atti di accertamento e le cartelle di pagamento notificati ed intestati al soggetto estinto, così come gli atti processuali (ad esempio, gli appelli, i ricorsi per Cassazione e le riassunzioni in rinvio) proposti da/nei confronti di questo, e non dei soggetti fiscalmente responsabili ai sensi delle leggi civili (ovvero i soci, nella misura in cui abbiano ricevuto somme sulla base del bilancio finale di liquidazione).
La legge interessa tutti i tributi, perciò tutte le entrate devolute alla giurisdizione tributaria (imposte sui redditi, IVA, imposte d’atto, tributi locali, dazi, contributi consortili) e i contributi previdenziali e assistenziali.
La norma entra in vigore ora e non prevede una specifica disciplina sulla decorrenza e quindi la supposizione che gli enti impositori avrebbero tentato di sostenerne l’applicazione retroattiva non era affatto fuori luogo.
Lupus in fabula, l'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 31/2014 pubblicata in data 30 dicembre 2014, al paragrafo 19.2, così statuisce: “trattandosi di norma procedurale, si ritiene che la stessa trovi applicazione anche per le attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto in commento”.
Ciò, ovviamente, permette di mantenere fermi gli effetti degli atti intestati a società “estinte” non solo per il futuro, ma anche in relazione a quelli già estinti prima dell'entrata in vigore della citata norma D. Lgs. 175/2014.
Ma tale interpretazione fornita nella circolare è costituzionale ?  
Nella circolare non ci sono particolari chiarimenti sulle novità che riguardano la responsabilità dei liquidatori di soggetti IRES.
Viene rimarcato che la responsabilità dell'articolo 36 del DPR 602/73 è estesa a tutti i tributi e che è il liquidatore che, a fronte di un atto del Fisco, deve dimostrare di non essere responsabile, provando di non aver soddisfatto creditori di ordine inferiore e di non aver assegnato beni ai soci (opera in sostanza l’inversione dell’onere della prova).
Non essendo stata prevista nella Legge n. 23/2014 alcuna direttiva “a copertura” di entrambe le innovazioni richiamate, né queste sembra possano essere ricomprese in una generale ottica di semplificazione fiscale, è forte e molto concreto il dubbio sulla potenziale incostituzionalità delle norme in oggetto per eccesso di delega.

martedì 30 dicembre 2014

Diritto Camera del Commercio: gli importi del 2015 a cura di Victor Di Maria



Importi del diritto camerale dovuto per il 2015 (circ. Min. Sviluppo economico 29.12.2014 n. 227775 )

E' stata pubblicata la circolare del Ministero dello Sviluppo Economico 29.12.2014 n. 227775 che definisce gli importi del diritto camerale dovuto per il 2015, tenendo conto della riduzione del 35% disposta dall’art. 28 co. 1 del DL 24.6.2014 n. 90, conv. L. 11.8.2014 n. 114.

Per i soggetti iscritti nella sezione speciale del Registro delle imprese, il diritto è dovuto secondo quanto di seguito riportato:
- società semplici non agricole: 130 euro (unità locale 26 euro);
- società semplici agricole: 65 euro (unità locale 13 euro);
- società tra avvocati ex DLgs. 96/2001: 130 euro (unità locale 26 euro);
- imprese individuali: 57,20 euro (unità locale 11,44 euro).
Relativamente alle imprese iscritte nella sezione ordinaria del Registro, le misure sono le seguenti:
- imprese individuali: 130 euro (unità locale 26 euro);
- tutte le altre imprese: importi variabili in relazione all’aliquota applicabile per lo scaglione di fatturato relativo al 2014 (da un minimo di 130 euro ad un massimo di 26.000 euro).
Il tributo è dovuto anche dai soggetti iscritti al REA nella misura fissa pari a 19,50 euro.
Le unità locali e le sedi secondarie di imprese con sede principale all’estero devono versare, per ciascuna unità o sede, l’importo di 71,50 euro.

martedì 23 dicembre 2014

FINANZIAMENTI AGEVOLATI. A PARTIRE DAL 16 FEBBRAIO LE ISTANZE

FINANZIAMENTI AGEVOLATI - DAL 16 FEBBRAIO IL VIA ALLE ISTANZE.
PER QUALSIASI CHIARIMENTO SI RIMANE A DISPOSIZIONE.

Al via il nuovo Smart&Start Italia: con la pubblicazione della Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico, parte ufficialmente la nuova versione dell’incentivo rivolto alle start-up innovative su tutto il territorio nazionale.

Alle ore 12.00 del 16 febbraio 2015 Invitalia aprirà ufficialmente lo sportello on line sul sito www.smartstart.invitalia.it dove sarà possibile presentare le domande e i piani di impresa in forma completamente paperless: non si tratterà di un click-day, in quanto la misura verrà gestita dall’Agenzia fino a esaurimento delle risorse disponibili e l’istruttoria delle domande presentate seguirà l’ordine cronologico di arrivo.

Il nuovo Smart&Start ha una dotazione finanziaria di circa 200 milioni di euro ed è caratterizzato da alcune importanti novità: le agevolazioni sono estese a tutte le regioni italiane e non più solo alle regioni del Mezzogiorno e alle aree del cratere Aquilano. I finanziamenti sono destinati alle start-up innovative – iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese – di piccola dimensione, costituite da non più di 4 anni, ma anche alle persone fisiche che vogliono avviare una start-up innovativa.



I piani di impresa dovranno essere caratterizzati da un significativo contenuto tecnologico e innovativo, mirare allo sviluppo di prodotti e servizi nel campo dell’economia digitale o essere finalizzati alla valorizzazione economica dei risultati della ricerca pubblica o privata.  

L’importo massimo finanziabile aumenta fino a 1,5 milioni di euro. Cambia anche la tipologia di agevolazione:sarà un finanziamento a tasso zero, ossia senza interessi, che potrà arrivare fino al 70% dell’investimento totale. La percentuale massima di finanziamento potrà salire all’80% se la start-up è costituita esclusivamente da donne o da giovani sotto i 35 anni, oppure se al suo interno c’è almeno un dottore di ricerca italiano che sta lavorando all’estero. Inoltre, solo per le start-up con sede nel Mezzogiorno e nel Cratere sismico dell’Aquila, è prevista una quota (20%) di contributo a fondo perduto. Le start-up costituite da non più di 12 mesi potranno beneficiare anche di servizi specialistici di tutoring tecnico-gestionale. 

“Con Smart & Start, per la prima volta in assoluto - afferma Domenico Arcuri, Amministratore Delegato di Invitalia - la Pubblica Amministrazione compie un’operazione totalmente paperless: la procedura di richiesta e concessione dei contributi avviene  infatti esclusivamente on line. La prima versione dell’incentivo, destinato solo alle regioni del Sud, ha registrato un risultato superiore ad ogni previsione, con circa 370 imprese finanziate in un anno. Ora, con l’estensione all’intero Paese, ma con condizioni di maggior favore per i neo-imprenditori del Sud, la misura avrà sicuramente un impatto maggiore e contribuirà non solo a sviluppare l’innovazione ma anche a trattenere o riportare in Italia le migliori energie”.

Per qualsiasi informazione potrete contattarci al seguente indirizzo email: victordimaria@gmail.com

lunedì 22 dicembre 2014

RATING DI LEGALITA' PER POTER AVERE ACCESSO PREFERENZIALE A CREDITO E FINANZA AGEVOLATA di Victor Di Maria


Il rating di legalità è uno strumento ad uso delle società nazionali, volto alla creazione di stili comportamentali etici e alla creazione di uno strumento di lotta alla stretta creditizia che ha segnato l’attuale situazione economica e finanziaria, mediante l’introduzione di un sistema premiale volto a favorire le imprese che operano nel rispetto della legalità e dei principi della Corporate Social Responsibility.  
Il rating di legalità sarà attribuito mediante l'uso di un simbolo di luce: la stella.  
Avrà un “range” ricompreso fra minimo una e massimo tre stelle
L’ottenimento di dette stelle permette alle imprese di ottenere dei vantaggi in sede di concessione di finanziamenti pubblici e delle agevolazioni per l’accesso al credito bancario. 
La richiesta di attribuzione del rating di legalità per le imprese nazionali è vincolata ai seguenti presupposti: 
- aver raggiunto un fatturato minimo di due milioni di euro nell’esercizio chiuso l’anno precedente alla richiesta di rating; 
- essere iscritte al Registro delle Imprese da almeno due anni. 
Il punteggio minimo di una stella è attribuito qualora l’impresa dichiari, tra l’altro, che: 
- l’imprenditore e gli altri soggetti rilevanti ai fini del rating (direttore tecnico, direttore generale, amministratori, soci) non sono destinatari di misure di prevenzione e/o cautelari, sentenze/decreti penali di condanna, sentenze di patteggiamento per reati tributari ex DLgs. 74/2000 e per reati ex DLgs. 231/2001
- per i reati legati alla criminalità organizzata di stampo mafioso, oltre a non aver subito condanne, non deve essere stata iniziata azione penale ai sensi dell’art. 405 c.p.p. (l’impresa stessa non deve essere destinataria di sentenze di condanna né di misure cautelari per gli illeciti amministrativi di cui al citato DLgs. 231/2001 dipendenti dai suddetti reati). 
L’impresa non dovrà inoltre: 
- nel biennio precedente la richiesta di rating, essere stata condannata per illeciti antitrust gravi, per mancato rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, per violazioni degli obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e fiscali nei confronti dei propri dipendenti e collaboratori
- avere subito accertamenti di un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato, né avere ricevuto provvedimenti di revoca di finanziamenti pubblici per i quali non abbia assolto gli obblighi di restituzione. 
Per ottenere ulteriori stelle (fino a un massimo di tre) il Regolamento individua ulteriori sei requisiti tra i quali vi è l’adozione di una struttura organizzativa che effettui il controllo di conformità delle attività aziendali a disposizioni normative applicabili all’impresa o un modello organizzativo ai sensi del DLgs. 231/2001. 
Il modello ex DLgs 231/2001 è quindi inteso quale strumento per garantire forme diCorporate Social Responsibility.  
Per qualsiasi informazione in ordine a tale riconoscimento siamo a completa disposizione. 
Dott. Victor Di Maria

NUOVI INCENTIVI PER LE ASSUNZIONI ....a cura di Victor Di Maria


Il Ddl. di stabilità 2015 – interamente sostituito dal maxiemendamento governativo sul quale il Senato ha votato la fiducia nella notte tra venerdì e sabato (19 e 20 dicembre 2014) – prevede un nuovo sgravio contributivo triennale per i neoassunti a tempo indeterminato. 
La norma sostituisce l’agevolazione contributiva per l’assunzione di disoccupati o cassintegrati di lunga durata ex L. 407/1990, di cui viene disposta, appunto, l’eliminazione.  
Il testo del Ddl. giunto in Senato, poi confermato dal maxiemendamento, agevola i contratti a tempo indeterminato (è da ritenere anche a tempo parziale) relativi a “nuove assunzioni effettuate:
- nell’arco temporale ricompreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2015;
- dai datori di lavoro privati (espressione quest’ultima che sembra ricomprendere anche i non imprenditori, quali liberi professionisti, associazioni, enti di varia natura, ecc.).

Sono esclusi i contratti stipulati nel settore domestico e quelli di apprendistato, già soggetti ad un regime contributivo di favore, mentre il maxiemendamento ha esteso lo sgravio al settore agricolo.

La norma prevede l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, per un periodo di 36 mesi
L’esenzione, pur definita “totale”, è sottoposta a due rilevanti limitazioni, date dall’esclusione dall’ambito di operatività della stessa dei contributi INAIL e dalla fissazione di un limite massimo, pari a 8.060 euro su base annua. 
Permane, dunque, in capo al datore di lavoro, l’obbligo di versare, oltre ai premi assicurativi, l’eventuale differenza contributiva, a suo carico, superiore a tale somma. 
Per espressa disposizione di legge, inoltre, l’incentivo di cui si tratta “non è cumulabile” con altri esoneri o riduzioni delle aliquote contributive previste dalla normativa vigente.
Quanto ai requisiti che deve presentare il lavoratore assunto, è disposto che quest’ultimo non debba:
- essere stato occupato a tempo indeterminato nei 6 mesi precedenti l’assunzione presso qualsiasi datore di lavoro;
- aver avuto rapporti a tempo indeterminato con l’azienda che proceda all’assunzione, né con società controllate o collegate o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, nei 3 mesi precedenti l’entrata in vigore della legge di stabilità (in pratica, nel periodo tra ottobre e dicembre 2014);
- essere stato assunto, nel 2015, con un contratto a tempo indeterminato per il quale il beneficio sia già stato fruito.

Non viene richiesto lo status di disoccupato o inoccupato in capo al lavoratore, né che debba trattarsi di assunzioni che comporti un effettivo incremento del numero di dipendenti in forza all’azienda. 

Molti dubbi sono stati sollevati sulla natura stessa della riduzione, non essendo chiaro (nel Ddl. si parla, infatti, indifferentemente sia di “sgravio contributivo” che di “esonero”) se si tratti di una riduzione strutturale del costo del lavoro, seppure temporanea, oppure di una vera e propria agevolazione contributiva
A preoccupare è l’eliminazione, con riferimento alle assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2015, degli incentivi di cui all’art. 8, comma 9 della L. 407/1990. 
Si tratta degli incentivi, su cui le aziende possono contare da quasi 25 anni:
- previsti per l’assunzione a tempo a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati ovvero sospesi dal lavoro e in CIGS da almeno 24 mesi;
- aventi durata di 36 mesi e consistenti, per la generalità dei datori di lavoro, nella riduzione dei contributi previdenziali ed assistenziali a loro carico, ivi compresi i premi INAIL, nella misura del 50%, in caso di assunzioni effettuate da imprese operanti nei territori del Mezzogiorno o da imprese artigiane, nell’esenzione totale dal pagamento.



NOVITA' IRAP CON BENEFICIO POSTERGATO AL 2016 a cura di Victor Di Maria



Il maxiemendamento sostitutivo del Ddl. di stabilità 2015, approvato dal Senato, prevede ulteriori novità in materia di IRAP.  

In particolare, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 (2015, per i soggetti “solari”), viene prevista la concessione di un credito d’imposta a favore di chi non impiega lavoratori dipendenti. 

L’incentivo compete ai soggetti che determinano la base imponibile ai sensi degli artt. da 5 a 9 del DLgs. 446/97, vale a dire sia alle imprese (incluse banche, altre società finanziarie e assicurazioni), sia ai titolari di reddito di lavoro autonomo (professionisti individuali e studi associati), sia ai produttori agricoli titolari di reddito agrario.  

Il credito d’imposta spetta soltanto a condizione che i predetti soggetti non impieghino lavoratori dipendenti né a tempo determinato né a tempo indeterminato. 

Il credito d’imposta è pari al 10% dell’IRAP lorda determinata secondo le disposizioni del DLgs. 446/97. 

Si ipotizzi, infatti, che uno dei soggetti beneficiari (diverso da banche, assicurazioni e produttori agricoli), privo di dipendenti, consegua, nel 2015, un valore della produzione netta pari a 100.000 euro. Se fossero rimaste in vigore le aliquote ridotte introdotte dall’art. 2 comma 1 del DL 66/2014 (conv. L. 89/2014), l’IRAP sarebbe stata di 3.500 euro. A seguito della conferma dell’aliquota ordinaria del 3,9%, invece, l’IRAP risulta pari a 3.900 euro, a fronte della spettanza di un credito d’imposta pari a 390 euro, all’incirca pari alla minore IRAP (400 euro) che sarebbe risultata dovuta se fosse stata applicata l’aliquota del 3,5%.  

In buona sostanza, sembra che, con il riconoscimento del credito d’imposta in esame, il legislatore abbia voluto “indennizzare” i soggetti passivi IRAP che non possono fruire né delle misure di favore introdotte dalla legge di stabilità 2015 (perché privi di dipendenti), né della riduzione delle aliquote IRAP inizialmente prevista e poi non attuata.  

In attesa degli opportuni chiarimenti, atteso che la norma richiama l’imposta “lorda”, la base di computo del credito d’imposta dovrebbe essere rappresentata dall’IRAP dovuta nel periodo d’imposta, assunta al lordo delle eventuali detrazioni istituite con leggi provinciali o regionali, nonché del credito d’imposta derivante dalla trasformazione delle eccedenze ACE non utilizzate per incapienza del reddito. Si ricorda, infatti, che, con l’art. 19 comma 1 del DL 91/2014, è stata prevista, tra l’altro, la possibilità di trasformare le eccedenze ACE non utilizzate in crediti d’imposta, utilizzabili esclusivamente a riduzione dell’IRAP a debito. Tale facoltà opera dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014.  

Prevista esclusivamente la possibilità di compensazione in F24  

Il credito d’imposta introdotto dal Ddl. di stabilità 2015 è utilizzabile soltanto in compensazione nel modello F24 con altri debiti fiscali e contributivi, secondo le consuete modalità previste dall’art. 17 del DLgs. 241/97. È prevedibile ritenere che, a tal fine, sarà istituito un apposito codice tributo. 

La facoltà di compensazione decorre a partire dall’anno di presentazione della corrispondente dichiarazione. 

Così, riprendendo l’esempio sopra formulato, il credito d’imposta di 390 euro sarebbe utilizzabile a partire dal 1° gennaio 2016, atteso che la presentazione della dichiarazione IRAP 2016, relativa al periodo d’imposta 2015, avverrà entro il 30 settembre 2016.

Il commento lo lasciamo ai lettori. Un beneficio annunciato nel 2014 con differimento sostanziale al 2016.

domenica 21 dicembre 2014

AGENTI DI COMMERCIO E RITENUTA DI ACCONTO a cura del Dott. Victor Di Maria



Secondo il disposto dell’art. 25bis del d.P.R. n. 600/1973 sulle provvigioni maturate nell’ambito dei rapporti di agenzia si applica la ritenuta a titolo di acconto Irpef nella misura del 23%, da commisurare, secondo la regola generale, al 50% dell’ammontare delle provvigioni corrisposte. La ritenuta risulta poi ridotta al 23% sul 20% (1/5) delle provvigioni medesime, se i percipienti dichiarano che nell’esercizio della loro attività si avvalgono in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi.
Per poter usufruire di tale riduzione l’agente deve predisporre apposita dichiarazione.
In particolare l’agente è obbligato, qualora voglia usufruire della riduzione, a inviare ai committenti una apposita dichiarazione entro il 31 dicembre, l’effetto della riduzione opererà quindi per l’anno successivo a tale comunicazione.
Sino al 13 dicembre scorso l’adempimento aveva cadenza annuale e quindi l’agente doveva replicare la dichiarazione ogni 31 dicembre per l’anno successivo; l’art. 27 del D. Lgs. n. 175/2014, decreto semplificazioni, è intervenuto sulla disciplina prevedendo che la dichiarazione per la richiesta di riduzione possa essere spedita “fino a revoca”.
Sostanzialmente, quindi, la comunicazione, inviata entro il 31 dicembre, avrà effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo e fino a revoca o a perdita dei requisiti da parte dell’agente, conseguentemente la riduzione si applicherà di anno in anno senza necessità di comunicazione annuale al committente; sarà invece necessaria la comunicazione per la revoca.
In particolare il legislatore è anche intervenuto sull’aspetto sanzionatorio, prevedendo, in caso di omessa comunicazione della revoca, l’applicazione di specifiche sanzioni da un minimo di 258 euro ad un massimo di 2.065 euro.

Per completare il quadro, e capire i requisiti che la comunicazione “fino a revoca” dovrà avere, occorre attendere l’emanazione di apposito decreto del Mef, nel frattempo si ritiene che la richiesta andrà comunque presentata entro il prossimo 31.12, sperando che essa abbia effetto sia per il 2015 che per gli anni a seguire.
Il decreto semplificazioni è poi intervenuto anche in relazione ai metodi di invio della dichiarazione: mentre, fino allo scorso 13 dicembre, il metodo era unitario e doveva avvenire mediante invio di raccomandata A/R, ad oggi la comunicazione potrà essere inviata anche a mezzo di posta elettronica certificata (pec).

Vendita in Italia a soggetto privato extra UE in regime di non imponibilità IVA


Una impresa italiana può cedere in regime di "non imponibilità" dei beni ad un acquirente privato extra UE che intenda curare direttamente il trasporto fuori dai confini doganali comunitari ?
Per rispondere all'interrogativo occore scomodare, in particolar modo, due norme del D.P.R. n. 633/1972:
  • l’articolo 8, comma 1, lettera b), in forza del quale sono non imponibili le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità economica europea entro novanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto, ad eccezione dei beni destinati a dotazione o provvista di bordo di imbarcazioni o navi da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato e dei beni da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio della Comunità economica europea; l'esportazione deve risultare da vidimazione apposta dall'Ufficio doganale o dall'Ufficio postale su un esemplare della fattura;
  • l’articolo 38-quater, in forza del quale le cessioni a soggetti domiciliati o residenti fuori della Comunità europea di beni (per un complessivo importo, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, superiore a lire 300 mila) destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale della Comunità medesima, possono essere effettuate senza pagamento dell'imposta. Tale disposizione si applica a condizione che sia emessa fattura a norma dell'articolo 21 e che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione.
La possibile applicazione della non imponibilità dell’articolo 8 va ricercata, esclusivamente, in relazione alle forniture di beni che non risultano tecnicamente trasportabili nei bagagli personali del viaggiatore, ipotesi nella quale si rende applicabile la previsione di cui all’articolo 38-quater senza ombra di dubbio.
L’impedimento al trasporto può essere desunto dalle dimensioni “fisiche” della fornitura, vuoi per l’ingombro del singolo bene, vuoi per la quantità, il volume o il peso della medesima.
Chiarito tale punto, si tratta di comprendere se, ove si escluda l’articolo 38-quater, si possa applicare la previsione dell’articolo 8, comma 1, lettera b), poiché secondo alcuni la procedura dovrebbe essere riservata ad acquirenti che rivestano la qualifica di operatore economico, con esclusione, quindi, del caso dell’acquisto posto in essere dal privato cittadino.

La prassi doganale ammette tale impostazione sulla scorta del fatto che, nelle ipotesi in cui il cessionario riveste la qualifica di soggetto privato extracomunitario, il soggetto esportatore (nelle pratiche doganali) risulta essere comunque il cedente nazionale, con la conseguenza che non vi sarebbero impedimenti di natura “burocratica” per l’avvio della procedura di esportazione.

Utilizzare un operatore professionale per effettuare le procedure di trasporto fa riscontrare l'avvenuta esportazione e quest’ultimo potrà fornire i riferimenti (cartacei e/o documentali) per poter monitorare il buon esito della operazione.
Ci riferiamo al monitoraggio che si rende necessario per confermare l’applicazione del regime di non imponibilità della operazione, quindi al possesso della prova dell’avvenuta esportazione dei beni ceduti entro 90 giorni dalla consegna.
Sappiamo anche che il suddetto termine non assume più quella rilevanza “granitica” che sembra evincersi dalla lettura del D.P.R. n. 633/1972, come testimoniato dalla Risoluzione n. 98/E del 10 novembre scorso.
Nel documento di prassi, facendo tesoro delle indicazioni della sentenza della Corte di Giustizia della UE, emessa in data 19.12.2013 nel procedimento C-563/12, si riscontra che:
  • da un lato, gli Stati membri possono legittimamente inserire un termine ai fini della detassazione delle cessioni all'esportazione;
  • pur tuttavia, l'articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva 112 non prevede una condizione in base alla quale il bene destinato all'esportazione deve aver lasciato il territorio dell'Unione entro un termine preciso;
  • pertanto si deve concludere che deve sempre essere lasciata all’operatore nazionale, anche dopo il suddetto termine,  la possibilità di fornire la prova che la merce ha lasciato il territorio doganale dell'Unione.
In definitiva, il regime di non imponibilità, proprio delle esportazioni, si applica:
  • sia quando il bene sia stato esportato entro i 90 giorni, ma il cedente ne acquisisca la prova oltre il termine dei 30 giorni previsto per eseguire la regolarizzazione;
  • sia quando il bene esca dal territorio comunitario dopo il decorso del termine di 90 giorni previsto dal citato articolo 8, primo comma, lettera b), del D.P.R. n. 633 del 1972, purché, ovviamente, sia acquisita la prova dell'avvenuta esportazione.
Nel caso in cui l’imposta sia stata nel frattempo versata, la stessa Risoluzione ne ammette il recupero, mediante emissione di una nota di variazione ex articolo 26 (entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta l'esportazione), oppure mediante richiesta di rimborso.
È evidente, infine, che laddove la merce risulti esportata oltre i 90 giorni ma, comunque, entro i 30 giorni previsti, ai fini della regolarizzazione, dall'articolo 7, comma 1, del D. Lgs. n. 471 del 1997 (possedendosi la prova), il contribuente potrà esimersi dal versamento dell'imposta senza per questo incorrere in alcuna violazione sanzionabile.

mercoledì 17 dicembre 2014

PARTITA IVA SUBITO PER AGGANCIARE IL BENEFICIO FISCALE



Dal 1° gennaio 2015, se verrà confermato il Decreto Stabilità, entrerà in vigore il nuovo regime forfetario che per alcune CATEGORIE potrà risultare essere più penalizzante del regime dei Minimi tutt’ora in vigore in quanto riservato alle persone fisiche con ricavi / compensi inferiori a determinati limiti, variabili in relazione all’attività esercitata, nella quale è prevista la determinazione del reddito con applicazione di specifici coefficienti di redditività.  
Coloro che però già si trovano nel regime dei minimi o che andranno ad aprire una partita Iva entro il 31/12/2014 potranno godere fino ad esaurimento della tassazione del 5% Irpef sul reddito effettivamente conseguito rispettando il limite di fatturato di 30.000€.
Perciò, se se si ha in progetto di aprire la partita  IVA bel 2015, a conti fatti, vale la pena richiederla prima che termini l'esercizio 2014. 
Per maggiori informazioni contattateci pure.
Dott. Victor Di Maria

venerdì 12 dicembre 2014

ROMA E LA BANDA BASSOTTI



Roma, intreccio perverso tra politica, ex terroristi nonché appartenenti alla “gloriosa” “banda della Magliana”, funzionari dell’apparato pubblico e cooperative. Mafia, o meglio sistema mafioso, al servizio di una banda di delinquenti che, sulle spalle del solito contribuente, hanno rubato milioni di Euro.
Questo ennesimo scandalo è l’ultimo di una lunga serie. Inutile annoiare i lettori con l’elenco. Ma il punto di domanda inevitabilmente fa perno proprio sulla ripetizione di detti scandali. Ogni volta scopriamo, ormai senza neppure provare alcun brivido per la sorpresa, che il copione è sempre uguale. La politica, la criminalità organizzata, funzionari e faccendieri tutti uniti per il medesimo scopo criminale.
Il susseguirsi di tali vicende ci hanno ormai condotto alla determinazione che l’Italia è un Paese malato, pieno zeppo di problemi economici e devastato financo nella speranza per un futuro diverso.
Quindi rimaniamo tutti impigliati nella ragnatela della collera, indignati ma rassegnati ad un destino infausto.
Nel frattempo i giorni passano, ognuno di noi lotta strenuamente per combattere i problemi del quotidiano e fra una notizia di gossip, un infanticidio e una partita di calcio ci dimentichiamo delle cose accadute.
Abbiamo il fondato sospetto che la cosiddetta “politica” prediliga l’oblio. Soprattutto la politica di chi sta al potere e nei dintorni.
I politici sono tali perché noi cittadini li abbiamo eletti a sedere fra gli scanni delle istituzioni che decidono.
Noi, cittadini, fatichiamo ogni giorno, lottiamo le avversità della vita, sudiamo sette camice per produrre un reddito per sfamare i nostri figli.
E questo, ovviamente, va benissimo.
Ma per portare a casa il necessario, patendo le sofferenze dell’inferno, siamo costretti a cedere a questo “Stato” più del 50% del nostro sudore e questo sacrificio non serve solo per dare ad esso il necessario per organizzare una società migliore e per il benessere dei cittadini (Scuole, ospedali, sanità, strade, infrastrutture, sicurezza ect) ma contribuisce anche ad alimentare il “mostro” della corruzione e del malaffare.
Fa indignare il “Giustificazionismo” di tutti quelli che sono al potere e parlano come se fossero all’opposizione. La giustificazione è pronta per ogni scandalo. Ma, cari amici, “cca nisciuno è fesso” direbbe il grande Totò.
Gli uomini che decidono e intrecciano i rapporti con uomini malavitosi sono scelti dalla politica. Non ce li mettiamo noi i funzionari corrotti o i presidenti delle partecipate e municipalizzate che fanno “affari” con i soldi dei contribuenti.
Quale sarà la soluzione ?
Noi non siamo politici. Noi siamo come tanti lettori umili servitori. Ma una cosa l’abbiamo imparato.
Ogni qualvolta ci capiterà di incontrare un “Onorevole” pretenderemo in maniera decisa di essere chiamati “Signor Cittadino mio datore di lavoro”.
Intanto cominciamo a rimarcare le distanze.

domenica 7 dicembre 2014

A.S.D. e S.S.D. : SPONSORIZZAZIONE E PUBBLICITA' CON IVA FORFETTIZZATA AL 50% a cura di Victor Di Maria



Detraibilità iva per le spese di sponsorizzazione - aumento della misura forfettaria

Per effetto dell’art. 29 del DLgs. 175/2014, l’IVA relativa alle spese di sponsorizzazione è detraibile nella misura forfettaria del 50% dell’imposta relativa alle operazioni imponibili per:

·       le imprese spettacolistiche, di cui all’art. 74 co. 6 del DPR 633/72;
·       i soggetti che applicano il regime di cui alla L. 16.12.91 n. 398, vale a dire:
      le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni senza scopo di lucro e le pro loco;
      le società sportive dilettantistiche, costituite in forma di società di capitali senza fine di lucro, ai sensi dell’art. 90 della L. 27.12.2002 n. 289;
      le associazioni bandistiche, i cori amatoriali, le associazioni filodrammatiche, di musica e danza popolare, legalmente costituite senza fini di lucro.

Viene quindi meno la precedente percentuale del 10% di forfettizzazione della detrazione IVA.

La nuova percentuale di detrazione, per le spese di sponsorizzazione, risulta quindi equiparata a quella prevista per le spese di pubblicità.

Studi di settore: la tenuta regolare dei conti non esclude l’accertamento


L’accertamento tributario basato sugli studi di settore è legittimo anche quando le scritture contabili sono all’apparenza regolari, salvo che il contribuente non dimostri, mediante idonea documentazione, l’infondatezza della presunzione di maggior reddito.
A ribadirlo è la Corte di cassazione, con ordinanza n. 24482 del 18 novembre 2014.
 
La vicenda processuale

La controversia nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento, ai fini Iva, Irap e Irpeg, emesso dall’ufficio di Pescara nei confronti di una società, impegnata nella produzione di lamierati di ferro zincato. In particolare, la società risultava essere non congrua alle risultanze dello studio di settore.
 
Investita della questione, la Ctr dell’Aquila confermava la legittimità del citato atto perché “basato su specifici elementi riscontrati dall’Amministrazione in ordine al notevole scostamento dell’imponibile dichiarato rispetto a quello accertato mediante il criterio dello studio di settore”.
A parere del Collegio, l’ufficio aveva operato correttamente, avendo ridotto l’accertato sulla base delle giustificazioni addotte dalla società. Di contro, la ricorrente non aveva fornito in giudizio elementi a supporto della propria difesa.
Ebbene, la società presentava ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 62-sexies, comma 3, del Dl 331/2003.
 
Questo l’assunto difensivo: lo studio di settore non era applicabile al caso di specie perché “lo scarto non era costituito dal grave scostamento richiesto dalla normativa”; l’atto impositivo non era stato motivato adeguatamente, in quanto gli elementi dedotti dai dati statistici erano astratti e non supportati da dati concreti. I costi per l’acquisto del ferro zincato, si legge nel ricorso, erano aumentati sino al 50%, senza che il prodotto venduto avesse subito un aumento del prezzo.
Stando quanto sopra, la controversia si spostava nelle aule della Cassazione dove, però, le conclusioni del giudice d’appello non sono apparse suscettibili di censura.

Decisione
I giudici ricordano che in tema di Iva, come delle altre imposte, l’articolo 62-sexies, comma 3, del Dl 331/2003, nel prevedere che gli accertamenti di cui all’articolo 54 del Dpr 633/1972 “possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta o dagli studi di settore….., autorizza l’ufficio finanziario, allorché ravvisi siffatte “gravi incongruenze”, a procedere all’accertamento induttivo anche fuori delle ipotesi previste dall’articolo 54 e, in particolare, anche in presenza di una contabilità formalmente in regola”.
 
Segnatamente, si legge nell’ordinanza, “i cosiddetti studi di settore…..sono da ritenere supporti razionali offerti dall’Amministrazione finanziaria al giudice, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile attingere dati medi presuntivamente esatti che possono essere utilizzati dall’ufficio anche in contrasto con le risultanze di scritture contabili regolarmente tenute, finché non ne sia dimostrata l’infondatezza mediante idonea prova contraria, il cui onere è a carico del contribuente, come nella specie”.
In pratica, i risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore hanno valore di presunzione semplice, rappresentando solo un indice di possibili anomalie del contribuente, suscettibili di prova contraria in sede amministrativa o successivamente in sede di giudizio.
 
Ulteriori osservazioni
L’accertamento basato sugli studi di settore, anche se richiede pur sempre che lo scostamento rispetto al reddito dichiarato denoti una “grave incongruenza” (articolo 62-sexies Dl 331/1993 e Cassazione 8643/2007), “costituisce tuttavia un sistema unitario che non si colloca all’interno del procedimento governato dall’articolo 39 del Dpr 600/1973, ma che lo affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità non impedisce l’applicabilità dello ‘standard’” (cfr Cassazione 17952/2013).
 
In sostanza, l’Amministrazione può presumere l’esistenza di maggiori ricavi, pur in presenza di una contabilità regolare, ma sostanzialmente priva di garanzia, di affidabilità e congruità sostanziali, laddove il contribuente, regolarmente invitato dall’ufficio a fornire in contraddittorio elementi a suo favore, non ha giustificato adeguatamente lo scostamento dagli studi di settore (cfr Cassazione 20897/2014).
Difatti, la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore “costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente” (cfr Cassazione 26638/2009).
 
La stessa Agenzia delle Entrate, anticipando per certi versi l’affermazione del principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite nel 2009, aveva avuto modo di precisare che “la motivazione degli atti di accertamento basati sugli studi di settore non deve essere di regola rappresentata dal mero, ‘automatico’ rinvio alle risultanze degli studi di settore, ma deve dare conto in modo esplicito delle valutazioni che, a seguito del contraddittorio con il contribuente, hanno condotto l’ufficio a ritenere fondatamente attribuibili i maggiori ricavi o compensi determinati anche tenendo conto degli indicatori di normalità” (circolare 5/E del 2008).
Tale principio è stato ribadito anche successivamente, nella circolare 19/2010, dove emerge, con evidenza, la centralità del contraddittorio precontenzioso, la cui omissione vizia i conseguenti avvisi di accertamento.
 
In riferimento alla distribuzione dell’onere della prova in giudizio, invece, il documento di prassi sottolinea che, da una parte, l’ente impositore deve dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto nel caso concreto oggetto dell’accertamento, dall’altra il contribuente deve provare le condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce.
Di certo, l’Amministrazione finanziaria può procedere all’accertamento laddove lo scostamento tra valori dichiarati e quelli presunti (valore puntuale) rappresenti una grave incongruenza, come indicato dall’articolo 62-sexies, comma 3, del Dl 331/1993, anche se gli scostamenti di più modesta entità “potranno essere considerati come elementi da utilizzare autonomamente da altri elementi disponibili o acquisibili con gli ordinari poteri istruttori” (circolare 31/2007).
 
In definitiva, il contraddittorio assolve alla fondamentale funzione di contestualizzare un dato matematico-statistico.
Diversamente, l’inerzia del contribuente, sia durante il giudizio sia nelle more del procedimento amministrativo, potrà essere oggetto di valutazione da parte del giudice.
Nel caso di specie, la società non ha assunto un comportamento inerte, piuttosto non è stata in grado di produrre elementi a supporto dei propri assunti, idonei a sconfessare le risultanze dello studio.
Fonte: FiscOggi