martedì 31 dicembre 2013

FATTURE PER OPERAZIONI INESISTENTI: L'ONERE DELLA PROVA SU CHI GRAVA ? a cura di Victor Di Maria



Su chi grava l’onere della prova nel caso di fatture per operazioni inesistenti ? Tale onere incombe sull’Amministrazione finanziaria per ciò che attiene alla dimostrazione del fatto dell’inesistenzaossia al fatto che le operazioni contestate non siano mai state compiute. 
Tale principio è stato di recente riaffermato dalla giurisprudenza di legittimità con la recentissima sentenza della Corte di Cassazione n. 27840 del 12/12/2013 della sezione V.
Nel vicenda processuale, l’Agenzia delle entrate di Roma aveva emesso un avviso di accertamento nei confronti di una società con cui aveva tra l’altro disposto la ripresa a tassazione di tributi IRPEG e ILOR per utili derivanti da fatture – rilasciate dalla contribuente ad una società controllata – per operazioni inesistenti.
Il ricorso proposto dalla società contribuente era stato accolto in primo grado, con decisione confermata in appello: in particolare, secondo la CTR, le fatture emesse dalla capogruppo erano state ritenute non valide senza un’esauriente motivazione da parte degli organi ispettivi.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando che la valorizzata esistenza, da parte della CTR, di un gruppo societario al cui interno operavano la contribuente quale capogruppo e la controllata era di scarso valore probatorio, potendosi anzi ritenere che proprio la presenza di rapporti di gruppo potesse favorire scambi interni a fini evasivi; inoltre, secondo l’Ufficio, la CTR aveva omesso di prendere in considerazione gli elementi indicati a sostegno dell’inesistenza delle operazioni e la decisione impugnata era pertanto lacunosa ed illogica nella parte in cui aveva escluso la falsità delle operazioni, anche a volere ritenere che incombesse sull’Ufficio la prova di siffatta inesistenza.
La Corte di Cassazione ritiene fondato il ricorso dell’Agenzia in quanto la sentenza di appello risultava carente nella motivazione nella parte in cui effettivamente eccedeva nella svalutazione del compendio indiziario fornito dall’Ufficio senza una sua analitica considerazione, a fronte di una fin troppo ampia considerazione di elementi in favore della contribuente, alcuni dei quali privi di reale e giuridico peso.
Sul punto, relativo all'onere della prova, la Suprema Corte ribadisce che, in caso di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva
Secondo i giudici di legittimità, la tenuta delle scritture e dei documenti contabili i cui dati vengono utilizzati dal contribuente ed esposti nella dichiarazione fiscale, non onera, infatti, il predetto anche alla ulteriore indicazione degli elementi probatori attestanti la effettiva corrispondenza alla realtà dei dati indicati in fattura, trascritti nei registri obbligatori e riportati nella dichiarazione annuale. Incombe, invece, sull’amministrazione che adduce la falsità del documento e, quindi, l’inesistenza di un maggiore imponibile l’onere di dimostrare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai stata posta in essere.
Tale prova è raggiunta dall’Amministrazione allorché questa fornisca oggettivi elementi per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente)fittizie, ovvero che dimostrino in modo certo e diretto l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero l’inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, prova che può essere data anche attraverso “i verbali relativi ad ispezioni seguite nei confronti di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti” in possesso dell’Ufficio (si veda sul punto la sentenza della Cassazione n. 9108/2012).
Il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla fondatezza dell’atto impositivo, è quindi tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio e solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e 2697 Cod. Civ.
Ricerca a cura del Dott. Victor Di Maria
Commercialista e Revisione Contabile.

venerdì 27 dicembre 2013

CANCELLAZIONE DELLA SOCIETA' DAL REGISTRO DELLE IMPRESE - RICERCA A CURA DEL DOTT. VICTOR DI MARIA

La cancellazione della società dal Registro delle imprese ne causa l'estinzione, per cui l'accertamento o altro atto impositivo notificato e intestato alla società è da considerarsi inesistente, in quanto privo del soggetto nei cui confronti avanzare la pretesa.

NUOVE TABELLE ACI PER RIMBORSI CHILOMETRICI a cura del Dott. Victor Di Maria

ACI: nuove tabelle 2014 per rimborsi chilometrici e fringe benefit

Pubblicate sul Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23.12.2013 le nuove Tabelle Aci 2014

È stato pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 86 alla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23.12.2013 il Comunicato dell'Agenzia delle Entrate contenente le tabelle nazionali dei costi chilometrici di esercizio di autovetture e motocicli elaborate dall'ACI. I valori, validi per il 2014, devono essere utilizzati per effettuare la tassazione del reddito in natura derivante dall'assegnazione delle autovetture aziendali ai dipendenti.

giovedì 12 dicembre 2013

REQUSITI PER ATTIVITA' DI SOMMINISTRAZIONE a cura del Dott. Victor Di Maria



Nella risoluzione n. 183387/2013, il Ministero dello Sviluppo Economico ha fornito chiarimenti in merito al possesso dei requisiti morali richiesti ai fini dell’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, con particolare riferimento alle condizioni necessarie per eliminare gli effetti ostativi all’avvio e allo svolgimento dell’attività. 

In riferimento a coloro i quali sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza (art. 71, co. 1, lett. a), D.Lgs. n. 59/2010), viene precisato che non è ammesso il decorso dei cinque anni della pena per eliminare gli effetti ostativi per l’esercizio dell’attività, ma risulta necessario ottenere il provvedimento di riabilitazione. La riabilitazione è concessa a seguito del decorso di almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o sia in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta (art. 179 c.p.).
Inoltre, sulla necessità del provvedimento di riabilitazione, ai fini della rimozione del divieto di esercizio dell’attività, il Ministero ha chiarito che lo stesso è obbligatorio solo quando lo stato di inabilità derivi dalla dichiarazione di abitualità, professionalità o tendenza a delinquere. In tutte le altre ipotesi previste dalla legge, la situazione di inabilità viene, dunque, a cessare decorso il termine dei cinque anni dall’estinzione della pena oppure, con provvedimento di riabilitazione ottenuto prima del quinquennio ma decorsi almeno tre anni dal giorno di esecuzione della pena.

Dott. Victor Di Maria