martedì 13 maggio 2014

Per la non punibilità penale dell'omesso versamento IVA occorre la prova di Victor Di Maria

Cassazione Penale, sentenza depositata il 12 maggio 2014

L'imprenditore non è perseguibile penalmente se l’omesso versamento dell’IVA è dipeso da una grave crisi di liquidità determinata da circostanze eccezionali e non preventivabili, ossia per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. Tale circostanza, tuttavia, deve essere documentalmente provata.

La sentenza. È quanto ha avuto modo di ribadire la Corte di Cassazione – Terza Sezione Penale nella sentenza 12 maggio 2014 n. 19426.

Il caso. Con la sentenza depositata ieri è stata confermata la condanna inflitta nel merito a un imprenditore lombardo per il reato di omesso versamento IVA di cui all’articolo 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000.

L’imputato non è riuscito a dimostrare la dedotta carenza dell’elemento soggettivo del reato, essendosi limitato ad allegare, in modo assolutamente generico, lo stato d’illiquidità della società da lui amministrata.

Quando il reato non è punibile.
 Per gli Ermellini è possibile escludere, in astratto, l’assenza di dolo e l’assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione tributaria. È tuttavia necessario che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene la crisi di liquidità, dovranno investire non solo l'aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica che ha investito l'azienda o la sua persona, ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, a idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario).

Detto in altri termini, il contribuente che voglia giovarsi in concreto di tale esimente - evidentemente riconducibile alla forza maggiore (ex art. 45 c.p.) – “dovrà dare prova – si legge in sentenza - che non gli è stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili” (cfr. Cass. Sez. III pen. n. 5467/2014).

Insomma, l’impossibilità ad adempiere, quando è dovuta al dissesto economico aziendale e personale, configura l’esimente della forza maggiore. Ma tale impossibilità, evidenziano i giudici della Terza Sezione Penale, va dimostrata, e nel caso di specie ciò non è avvenuto. Il ricorso dell’imprenditore è stato pertanto respinto.

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