domenica 21 dicembre 2014

Vendita in Italia a soggetto privato extra UE in regime di non imponibilità IVA


Una impresa italiana può cedere in regime di "non imponibilità" dei beni ad un acquirente privato extra UE che intenda curare direttamente il trasporto fuori dai confini doganali comunitari ?
Per rispondere all'interrogativo occore scomodare, in particolar modo, due norme del D.P.R. n. 633/1972:
  • l’articolo 8, comma 1, lettera b), in forza del quale sono non imponibili le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità economica europea entro novanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto, ad eccezione dei beni destinati a dotazione o provvista di bordo di imbarcazioni o navi da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato e dei beni da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio della Comunità economica europea; l'esportazione deve risultare da vidimazione apposta dall'Ufficio doganale o dall'Ufficio postale su un esemplare della fattura;
  • l’articolo 38-quater, in forza del quale le cessioni a soggetti domiciliati o residenti fuori della Comunità europea di beni (per un complessivo importo, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, superiore a lire 300 mila) destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale della Comunità medesima, possono essere effettuate senza pagamento dell'imposta. Tale disposizione si applica a condizione che sia emessa fattura a norma dell'articolo 21 e che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione.
La possibile applicazione della non imponibilità dell’articolo 8 va ricercata, esclusivamente, in relazione alle forniture di beni che non risultano tecnicamente trasportabili nei bagagli personali del viaggiatore, ipotesi nella quale si rende applicabile la previsione di cui all’articolo 38-quater senza ombra di dubbio.
L’impedimento al trasporto può essere desunto dalle dimensioni “fisiche” della fornitura, vuoi per l’ingombro del singolo bene, vuoi per la quantità, il volume o il peso della medesima.
Chiarito tale punto, si tratta di comprendere se, ove si escluda l’articolo 38-quater, si possa applicare la previsione dell’articolo 8, comma 1, lettera b), poiché secondo alcuni la procedura dovrebbe essere riservata ad acquirenti che rivestano la qualifica di operatore economico, con esclusione, quindi, del caso dell’acquisto posto in essere dal privato cittadino.

La prassi doganale ammette tale impostazione sulla scorta del fatto che, nelle ipotesi in cui il cessionario riveste la qualifica di soggetto privato extracomunitario, il soggetto esportatore (nelle pratiche doganali) risulta essere comunque il cedente nazionale, con la conseguenza che non vi sarebbero impedimenti di natura “burocratica” per l’avvio della procedura di esportazione.

Utilizzare un operatore professionale per effettuare le procedure di trasporto fa riscontrare l'avvenuta esportazione e quest’ultimo potrà fornire i riferimenti (cartacei e/o documentali) per poter monitorare il buon esito della operazione.
Ci riferiamo al monitoraggio che si rende necessario per confermare l’applicazione del regime di non imponibilità della operazione, quindi al possesso della prova dell’avvenuta esportazione dei beni ceduti entro 90 giorni dalla consegna.
Sappiamo anche che il suddetto termine non assume più quella rilevanza “granitica” che sembra evincersi dalla lettura del D.P.R. n. 633/1972, come testimoniato dalla Risoluzione n. 98/E del 10 novembre scorso.
Nel documento di prassi, facendo tesoro delle indicazioni della sentenza della Corte di Giustizia della UE, emessa in data 19.12.2013 nel procedimento C-563/12, si riscontra che:
  • da un lato, gli Stati membri possono legittimamente inserire un termine ai fini della detassazione delle cessioni all'esportazione;
  • pur tuttavia, l'articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva 112 non prevede una condizione in base alla quale il bene destinato all'esportazione deve aver lasciato il territorio dell'Unione entro un termine preciso;
  • pertanto si deve concludere che deve sempre essere lasciata all’operatore nazionale, anche dopo il suddetto termine,  la possibilità di fornire la prova che la merce ha lasciato il territorio doganale dell'Unione.
In definitiva, il regime di non imponibilità, proprio delle esportazioni, si applica:
  • sia quando il bene sia stato esportato entro i 90 giorni, ma il cedente ne acquisisca la prova oltre il termine dei 30 giorni previsto per eseguire la regolarizzazione;
  • sia quando il bene esca dal territorio comunitario dopo il decorso del termine di 90 giorni previsto dal citato articolo 8, primo comma, lettera b), del D.P.R. n. 633 del 1972, purché, ovviamente, sia acquisita la prova dell'avvenuta esportazione.
Nel caso in cui l’imposta sia stata nel frattempo versata, la stessa Risoluzione ne ammette il recupero, mediante emissione di una nota di variazione ex articolo 26 (entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta l'esportazione), oppure mediante richiesta di rimborso.
È evidente, infine, che laddove la merce risulti esportata oltre i 90 giorni ma, comunque, entro i 30 giorni previsti, ai fini della regolarizzazione, dall'articolo 7, comma 1, del D. Lgs. n. 471 del 1997 (possedendosi la prova), il contribuente potrà esimersi dal versamento dell'imposta senza per questo incorrere in alcuna violazione sanzionabile.

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